Scritto da © matris - Mer, 23/03/2011 - 12:49
Gli alieni sono tra noi, ignari viventi a cui la sorte dona poco pochissimo tempo per fuorviarci poi alla prima occasione spariscono. Gli alieni sono tra noi e cercano le vestigia del nostro passato, non hanno ben chiaro qualcosa che è stato creato sin dalla notte dei tempi e lo cercano dappertutto nel nostro mondo.
Li vedono ovunque ci sia una forma vivente corrispondente al nostro gruppo, li vedono e li sentono, alcuni li hanno perfino incontrati e c’è da crederci non deve essere stato un momento tranquillo.
Solo me ne stavo, seduto sulla cima di una collina, mi schiudevo al tempo che mi girava attorno colpendomi con accenni di luce diversa che, minuto dopo minuto mi illuminava la via da seguire con lo sguardo, s’allontanava e s’assottigliava sempre più, fino al di là delle montagne innevate e del bagliore azzurrognolo che andava formandosi all’orizzonte.
C’erano gli estremi per scattare delle memorabili fotografie. Quanto è bella la natura quando crea il suo inganno nei nostri occhi, quanta fortuna abbiamo a poterci permettere un simile spettacolo solo per la nostra mente, per il nostro intendimento, per la nostra quiete.
Non avevo più il sentore di ciò che arrivava dalla mia traccia di luce che via a via andava riducendosi oltre le montagne, aspettavo il crepuscolare grigiore che tanto ammanta e tanto soccorre alle idee che stanno per prendere luce e forma nel tepore di un sinergico istantaneo tramonto.
Poi il passo si allungò in discesa. Avanzavo veloce, cercando di non ferirmi del peso del mio corpo, che aggiunto al peso della mia anima avrebbe potuto torcermi una caviglia. Il più bel paesaggio del mondo è sempre quello che si avvisa ai nostri occhi quando attenti osserviamo, siamo tutti critici d’arte davanti allo spettacolo della natura che si ripropone ogni giorno diverso, siamo tutti cultori e spettatori, asceti o razionali attenti fruitori di questo regalo.
Il giorno sfioriva ed i miei passi mi avvicinavano a quel gruppo di casupole che apparivano ormai a ridosso di un costone della montagna scosceso ed impervio. Arrivato tra le case, apparse ai miei occhi una meravigliosa figura di donna, vestita di un abito tipico di queste vallate montane con i lunghi e biondi capelli raccolti in due trecce che le contornavano due abbaglianti splendidi occhi azzurri ed un sorriso che le creava un’ansa sul viso, morbida e bella.
Salì dentro di me la pressione e mi destai dal torpore del sogno che stavo vivendo, dei colori del tramonto ancora dentro i miei occhi…
Quando t’appaiono due meraviglie nella stessa giornata, diverse, ma simili per l’effetto devastante che ti procurano, è molto probabile che il momento dell’amore sia lì dietro l’angolo, stia ormai facendo capolino, si stia avverando quella alchimia che ci guida verso l’altro come per una predestinazione e quanto ci aggrada saperlo, lo si sente dentro come se l’avessimo sperimentato da sempre, l’amore ti avvicina e ti fa trovare le parole giuste per aprirsi e comprendersi. C’è una valanga di emozioni che innesca la nostra attenzione per l’altro, fra queste quelle che ti fanno trovare le parole giuste o apparentemente disastrose per incrinare la sfera dell’amicizia o della semplice conoscenza a favore della passione che diventa un esuberante ingrediente nella ricetta dell’attrazione. La guardai negli occhi appassionandomi e lasciando in vece dell’usuale saluto un mugugno che pareva un piccolo rantolio, le parole che mi uscivano dalla bocca erano poltiglia d’amore humus fecondo che non riuscivo ad articolare ne a rimediarne la flessione. I nostri sguardi s’incrociarono e si soffermarono a lungo, indagatori di segni che preludessero ad una ricerca dentro noi stessi. Infine decisi di rompere gli indugi e di voler conoscere quella stupenda creatura. “Il mio nome è Marzio”, allungai la mano per stringere la sua e mi aprii ad un simpatico sorriso. “Io mi chiamo Venusia e sono felice di incontrarti, vieni, seguimi, ti porterò al paese.
Non credevo alle mie orecchie, non avrei mai pensato che in questo paese fossero così emancipati e amichevoli, per giunta una bellezza così fuori dal comune.. Le strinsi la mano e mi feci accompagnare con un piacere che non pensavo possibile.
Dopo qualche passo, la mano che mi stringeva dava la sensazione di essere così ferma e salda che m’impediva il minimo movimento, e dire che il suo corpo appariva minuto ed esile..
Dopo qualche altro passo, avvertii che la mia pelle si stava riscaldando, dapprima il calore era piacevole ma in seguito cominciò a farsi acceso e spiacevole, cercai di ritrarre la mia mano ma la ragazza pareva avesse aumentato la stretta costringendomi a dover stare attaccata alla sua.
Cercai di parlarle per dirle di lasciarmi che mi stavo ustionando, ma le mie parole non sortivano dalla mia bocca e rimasi a lungo in uno stato di apparenza catatonica, sentivo ed avvertivo gli stimoli esterni i rumori ma non riuscivo a proferire parola. Il mio corpo lo sentii irrigidirsi ed i miei passi si fecero più lenti capii che non potevo sottrarmi da quella stretta neppure cercando di scappare, ero prigioniero della sua mano.
La situazione cominciava a sfuggirmi di mano, e se ad un primo momento la mia percezione mi rincuorava di avere trovato una nuova amica e la mia fantasia mi portava a credere di essere nel bel mezzo di una coinvolgente storia d’amore, ora avevo paura, l’adrenalina era a 100 e non capivo perché non avessi lo stimolo di strattonare la misteriosa ragazza e cercare di scappare, di sfuggire dalla sua presa. Continuavamo a camminare in salita ed oramai avevamo raggiunto la piccola contrada composta da poche vecchie casupole che non davano segni di vita, tutte le imposte erano chiuse e nella piccola corte adiacente non c’era nessuno.
Arrivati sull’uscio di una di queste, Venusia si arrestò e con un cenno della mano fece si che la porta si aprisse autonomamente.
Ero di nuovo sconcertato, ma non riuscivo a parlare ne ad aver paura, Venusia mi fissò negli occhi e vidi che il colore dei suoi iridi cambiò dall’azzurro al verde intenso, poi sentii dentro di me una voce che dolcemente mi parlava, il suo infondersi mi lasciava un tepore ed una pace che non avevo mai provato prima. Venusia era bellissima, la guardavo sognante ero si può dire annichilito dal suo sguardo. Quella voce era una manifestazione delle potenzialità della sua mente ed io ne ero completamente succube.
Entrati nella casa apparentemente vuota, innondata di un profumo strano speziato e dolce al tempo stesso, un profumo che non mi ricordava altro di analogo già percepito in vita mia.
La Stanza era vuota, in un angolo solo una sedia ed un tavolo con una gamba rotta, per il resto eravamo soli io e Venusia.
Lei mi indirizzo verso la sedia perché mi sedessi, mentre il calore dalla sua pelle sortiva sempre di più, poi mi lasciò la mano e paratasi dinanzi a me comincio a spogliarsi di tutto; Lasciava cadere gli indumenti per terra con una naturalezza che avvinghiava la mente, io ero impietrito da quella bellezza che non aveva paragoni, ed al tempo stesso non riuscivo a pensare ad altro che alla mia futura sorte. La sua figura si stagliava davanti a me nuda in tutta la sua bellezza, a quel punto Venusia rimanendo sempre in silenzio, mi fece capire che avremo fatto l’amore, e che finito il nostro amplesso mi avrebbe portato via con lei in un mondo che non conoscevo.
Ero atterrito da quel pensiero, ma lei era veramente così bella che non potevo resistere alle sue delicate movenze che mi sfioravano il corpo.
Dopo qualche minuto ero nudo a mia volta, e Venusia si sedette sulle mie ginocchia cercandomi.
Il contatto con il suo corpo mi faceva impazzire ero fuori giri massimi, non avrei resistito per molto alle sue moine. Dopo almeno un quarto d’ora che lei mi aizzava, per me nulla era cambiato, raggiungevo il vertice del piacere solo guardandola, per me era bello anche solo così.
Dopo altri 10 minuti Venusia si fermò e si liberò del mio abbraccio spostandosi da me e cominciando a rivestirsi.
Ora non mi guardava più con gli occhi meravigliosi di prima, pareva accigliata, stranamente velocizzava i suoi movimenti per compiere il rito della vestizione più in fretta del previsto.
Io ero sempre seduto, ora molto più tranquillo di prima, la guardavo nei suoi movimenti e tacevo con un sorriso sornione tra le labbra. Poi con un gesto mi salutò, ed aggiunse, non ne vale la pena di portarti con me, vista la pessima prestazione che mi hai dato in cambio del mio amore.
Non sei riuscito neanche ad alzarlo, ed io mi sento veramente insultata dal tuo penoso atteggiamento, ed aggiunse, “forse non sono troppo bella per te”!??
Infilò la porta e sparì dietro l’uscio semiaperto, dopo qualche secondo senti un boato raggelare l’aria, ed avvisai un bagliore nel cielo. Uscii a mia volta dal casolare e mi ritrovai solo. Di Venusia neppure l’ombra.
Ripresi pian piano a discendere dalla montagna pensando all’avventura che mi era capitata, e nelle mie riflessioni mi convinsi che se non avevo lasciato la terra con Lei, era solo per la mia pessima performance sessuale, anzi, dovevo proprio alla mia impotenza erettile la causa della mia non dipartita. Giurai fra me e me di non parlare con nessuno di quest'incontro con Venusia, e soprattutto di non rivelare a nessuno la mia debacle con la ragazza più bella che io avessi conosciuto in terra.
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