Io fui Camille Marie De Belamis.
Il nome di Mary, mi fu imposto; e, per altro, corredato di un appellativo di dileggio, Cassat. Mi fu dato all'insaputa e, solo dopo la mia dipartita.
I più noti esponenti della “nuova borghesia”, con alla testa Gui De Mallarmè, cercarono sempre di squalificarmi...
Si adoperarono a dequalificarmi, così come fecero con altri esponenti della cultura Illuminista. Non si voleva dar alito agli interscambi culturali, perché avrebbero nuociuto alle pretese espansionistiche del Colonialismo.
Si voleva a tutti i costi che io lasciassi le mie ambizioni e mi convincessi del fatto che le mie produzioni, non avrebbero potuto incontrare assensi. Volsero i giorni... i mesi... Trascorsero sei anni.
Venivo a scoprire che le mie opere circolavano a mia insaputa. Ne ebbi un dispiacere inesauribile.
Ma non potevo immaginare che la più grande offesa, io l'avrei ricevuta da morta.
I miei lavori, uno per uno, furono sottoposti ad un'indagine di laboratorio per vedere se fosse possibile innescare colori sostitutivi a quelli originali. Si voleva colpire la borghesia, nel nucleo originale, quello del quale fummo esponenti e sostenitori... Che affondava le proprie radici nella religiosità Cattolica (Chateaubriand).
Ero defunta... Ma dal Ciel vedevo... Il personale intento alle manovre. E, poi, immersi nella manipolazione.
Nei dipinti, veniva adulterata la naturalezza, con il ricalco delle velature... Sì da ottenere un effetto traslucido. Ogni pennellata veniva ampliata... Sì da far sparire la linea dell'orizzonte.
Quanto, ai pastelli... lo sfondo, veniva reso omogeneo. È evidente l'impostazione asimmetrica delle linee. Il colore, si espande ingrandendo le immagini, rendendo le braccia e le mani dei personaggi, eccessivamente tornite. Il colore, a tratti granuloso è poco raccolto; rende l'idea dell'olocausto. Quel che mi assolve, è il volto dei miei personaggi: innocenti, dall'espressione morbida e casta. Fu giocoforza lasciare l'espressione perché... Se non fosse rimasta illesa la mia identità, non sarebbero emersi i presupposti per un oltraggio. Si voleva ben dire: “Il sentimento c'è... e che ci sia... non ha importanza. Manca, invece, la conoscenza tecnica. La pittrice... non è idonea.”
Miei Lettori,
il più grave oltraggio io l'ebbi ricevuto dal mio paese d'origine. Il più grave affronto, lo ricevevo dal mio paese d'adozione, l'Italia; fui insignita della massima onorificenza; ma, per pastello, orrendamente alterato. Si tratta della “Madre con il bambino”. Non me la prendo con le Nazioni... Il mio biasimo è rivolto, a quanti, mancando di una coscienza, morale, nazionale... Davano gli ordini ai tecnici, gli adepti. Il mio rammarico è rivolto agli adepti che chinarono la testa... Eseguirono, senza porsi domande.
Guardate, Lettori, quel dipinto, e dite, se non vi dà dispiacere, dover constatare l'oltraggio alla immagine sacra della maternità. Guardate gli avambracci, e le mani di entrambi, mamma e bimbo risultano deformi. “Ben tornite” si direbbe. Peccato che... Inesorabilmente il pensiero si riconduca ad un'immagine sacrificale... prosciutti banditi nelle sagre di paese.
Lettori mi congedo verrò prossimamente, con argomenti più strettamente legati alla mia individualità.
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