Esiste una relazione tra la pittura di Jackson Pollock e lo shamanesimo degli Indiani d’America, ciò è particolarmente evidente quando si osservano le sue opere pre-dripping dove la plasticità delle forme e la potenza del colore, sono pregnanti di contenuti religiosi primitivi legati al culto della Natura con opere come “La Nascita”, “Il Sacrificio”, “La Morte”, "La Fusione" “Uomo-Animale”, “La fusione Uomo-Donna”, “La Danza”, “La Maschera” o le “Astrazioni”.
Dopo la II Guerra mondiale, l’opera di Pollock si pone in netto contrasto con i principi di una America rampante e materialista, e rivolge la sua attenzione al passato arcaico, ravvisando nello shamanesimo degli Amerindi la chiave di un autentico rinnovamento psico-spirituale e soprattutto un modo di esistere molto vicino all’inconscio.
Come i Surrealisti, Pollock era particolarmente interessato alla vita dell’Inconscio e alle sue manifestazioni; ebbe tra l’altro modo di intraprendere l’esperienza di un’analisi personale junghiana della durata di quattro anni. Sebbene questa esperienza non sia sempre opportunatamente valutata dai critici d’Arte, è interessante la connessione esistente tra la sua ricerca artistica e molteplici assunti junghiani; in particolare quella teoria di Carl G. Jung, secondo la quale un popolo dominatore nolente o volente assorbe l’anima del popolo sottomesso anche se poi, viene stipata in una zona d’ombra che spesso irrompe in maniera indiretta e distruttiva.
Pollock considerò fondamentale per la sua ricerca artistica riattivare questa zona d’ombra al fine di una propria e collettiva rinascita spirituale ed artistica; in particolare era attratto dal lavoro artistico religioso degli indiani Navajos, i quali disegnavano sulla sabbia delle complesse figure secondo finalità ritualistiche di guarigione, a lavoro ultimato come accade per i mandala tibetani l’immenso e paziente lavoro era eliminato da un soffio di vento.
Il bisogno di guarigione spinse Pollock a valorizzare la figura simbolica dello shamano, un termine di origine manchi-tangu che significa conoscere; lo shamano è colui che sa, che è saggio, che è in grado di comunicare con gli spiriti, che può indicare il modo per ricollegarsi con la natura e guadagnare pace e salute, che sa suggerire interpretazioni per attribuire un senso a quanto ci atterrisce e ci distrugge.
Molti dei suoi lavori prendono a prestito la dimensione arcaica degli shamani amerindi per i quali l’opera d’Arte ha una sua propria vita e identità, il pittore in questo caso ha solo la funzione di medium, quindi, di partecipante ad un processo creativo più ampio della sua persona e della sua volontà.
Quando infine egli giungerà alle astrazioni del dripping rivelerà la sua vera natura di shamano urbano coinvolgendoci un rito sacro di guarigione con i passi di una estatica danza rituale .
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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