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Poesia

Birre e mandarini

Ci sono tornato dopo quattro anni e me l'hanno occupata.
"Truffasi", recitava il cartello sul balcone della sala.

Scorno dello scettico

Il racconto dell'oroscopo
è come una coperta troppo corta, un conflitto
tra il capo e le altre estremità;
o come la cattività
dei pappagallini e lo scopo del loro
raccoglimento autoinflitto,
quando il proprietario dimentica la gabbia
senza nemmeno una coperta sopra.
La connessione certa
è tra la corteccia cerebrale che vede
e quella che crede - gli uccelli essendo
un vicolo evolutivo magari eccelso
dal punto di vista visivo, diremo persino
il contrario di cieco, ma un po' sciocco.
Coincidenze, miracoli, magia,
tarocco e chiromanzia,
cuspidi, case, aspetti, riti e destini
sono di dimostrazione difficile, domicili di
cocorite e lutini.
 
[30092009]
 

le tue rinunce senza nome

mi pesano  le tue rinunce senza
nome
le ombre cinesi dei tuoi
nemici
le euforiche ricadute dei sensi

A mio padre, sulla costa d’Amalfi.

Padre, questa sera non ti cerco a caso,
sono il solo figlio della mia nostalgia:
ero di fianco al vecchio Saracino
che sulla costa anticipa le nuvole

Dedicato ad Hannah

Soffi

Di soffi dentro
di volti chiusi all’anima
di sogni estremi
nascosti ed infiniti
oggi ti canterò
ti sentirò
ti vorrò dire
dolce come uno sguardo d’ambra
mi entrerà dentro tutto il tuo sapore
come di giorni chiari
nuovi
aperti al vento
di ogni dove.

De-lirando

 
Percepisco fiumi nelle cose.
Vulcani nelle creature.
Intimi intervalli di sangue.
Ritmi di correnti disalterne.
L’inavvertibile intercetto.
Gli appetiti più tentacolari.
Sveglio la sonnambula realtà.
I ricordi rimossi-sommersi nell’inconscio.
Impavido oso l’inosabile.
Una breccia sull’inesplorabile.
L’inespresso immagino, il non-detto.
Che utopia rimanga
ininterrottamente incompiuta!
Perch’io la sete bramo più che l’acqua.
E chiedo soccorso all’immaginazione,
ad un arcobaleno.
Irrompo nell’inarticolato.
L’inesprimibile trafugo.
E deraglio e naufrago
con le mie visioni
come scarabocchi sgorbi di marmocchi.
Rendo intellettuali le emozioni.
E disvoglio ciò che volli per rivolere.
Combino e combatto coi miei conflitti.
Tremo per l’istante che moltiplica le tensioni.
Cacciatore di stelle e pipistrelli.
Sensations’ Seeker.
Medium del mio inconscio.
Setaccio il setacciabile.
I punti più sensibili del senso.
Nel tentativo di approssimarmi
quanto più possibile.
In lotta donchisciotte contro l’ineffabile.
Stilliciderò le parole che oso.
 
A volte c’è un senso che vuol farsi suono.
Altre volte un suono che vuol farsi senso.
E la musica traduco in colore.
Il sapore in un suono.
Il gesto in un odore.
La luce si fa grido.
L’ombra silenzio.
E il dolore
s-frutto senza pudore,
centauro gaudioso
che esibisco come bellezza.
 
 
 "La pazzia prolunga l'infanzia" (Erasmo da Rotterdam, "Elogio della Follia")

αι, povero Apollo!

Neanche l'essere un dio
mette al riparo dal dolore
:
considerate la sorte di Apollo,
dio delle arti, della musica, della medicina,
auriga del cocchio solare,
il potente e bellissimo Febo,
dio oracolare
che ci parla attraverso la Pitia.
 
Voi che v'inchinate alla sua potenza
voi che ad ogni alba ne seguite l'arco in cielo,
voi che ne invidiate lo splendore,
voi no, voi non sapete
quanto soffrì per amore
l'Apollo divino.
 
Ci fu Dafne, che amò non riamato
per il capriccio e l'invidia di Cupido;
poi Cassandra, che si rimangiò
- oh, a che terribile prezzo! -
la sua promessa d'amore.
E persino gli fu preferito un umano:
Marpessa scelse Ida,
perché l'uomo e non il dio
sarebbe invecchiato con lei.
 
E poi ci fui io, io, Giacinto.
Oh, come teneramente ci amavamo
e giocavamo e discorrevamo insieme!
Ma un giorno caddi, colpito a morte
dal disco da lui lanciato.
C'è chi dice sia stato un errore del dio
e chi pensa fu l'invidia di Zefiro,
ma insomma morii, tra le braccia sue forti.
 
ai, povero Apollo, come pianse e gridò!
Non volle fossi trascinato nell'Ade
e trasformò il mio sangue in un fiore.
Con le sue lacrime sui miei petali
incise le sillabe del dolore.
 
Mi chiedete perché io compianga
la sorte del dio e non la mia?
Ad ogni primavera io torno a fiorire
e il mio nome risuona nel mondo.
E invece chi più si ricorda di Apollo?

Cose Così [di neve 2]

Stai al di qua dei miei abbracci
tra brillanti di neve per terra
nella gioia dei tuoi occhi dentro
lo sgabello ai piedi di due ali
e io vivo,
per sbocciarti fra i rami

 

 

 

 

L'iguana di Piero Lo Iacono

 
 
Catturammo un’iguana
e la legammo al guinzaglio.
Per nutrirla, allevarla e poi mangiarla.
Lobotomia sottovetro?
Giocammo a fare Dio.
Il Predatore ortopedico.

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