Scritto da © maria teresa morry - Gio, 12/04/2012 - 08:50
Ricordo che ieri, 11 aprile, ricorreva il venticinquesimo anno dalla scomparsa di Primo Levi, intellettuale e scrittore italiano , ebreo torinese, che ci lasciò viva e drammatica testimonianza storica e personale in merito alla persecuzione e allo sterminio degli Ebrei nel campo di Auschwitz,dove egli fu lungamente internato.
L’importanza universalmente riconosciuta di Primo Levi è quella di aver non solo scritto e tramandato in maniera forte e testimoniale la sua esperienza nel “ campo”, ma di avervi accompagnato una profonda riflessione pubblica su quei fatti, nonché una elaborazione scritta sull’ esperienza vissuta, con risvolti di prospettiva che ancora oggi coinvolgono e fanno riflettere le coscienze.
Levi rimane , nel panorama intellettuale italiano, una delle più importanti figure di scrittore civile, ricalcando la figura dell’intellettuale che svolge una funzione pubblica di denuncia e di lotta per i valori umani, a fronte della società in cui vive. Tipologia di intellettuale, quest’ultima, pressoché del tutto assente nell’Italia di oggi , ove molto si risente della mancanza di voci libere ed autorevoli, che possano essere uno stimolante riferimento nel confronto tra opinioni , in particolare etiche e politiche nel significato più alto.
In data 6 maggio prossimo, presso la sede della Comunità Ebraica di Torino, si terrà un importante convegno di studi mirante ad approfondire i legami tra Primo Levi le sue radici. Sarà di certo un’imperdibile occasione per riflettere sull’opera e sull’uomo e sul grande contributo da egli ha dato alla cultura e alla civiltà italiana del ‘900.