Scritto da © matris - Mer, 29/09/2010 - 13:02
Giorni caldi, sorgono nel corso della vita
le estati degli amori, coniano medaglie radiose,
creando personali immagini velate, di lunatiche visioni.
Sporgo il destro, scostando i capelli neri dagli occhi
destinati dal fato a guadar tra stelle di celestiali firmamenti.
Sento graziar di eventi se astraggo il mio animo nero
color del sole africano, bruciato in intrecciati nidi
ove soltanto saltellano gracchiando i corvi neri,
e balistici i pensieri come cecchini insorgono disarmando la mente.
Non credevi fosse l'ora del riposo, del conforto di una carezza.
Fece colpo in me, ammirando il bersaglio allo specchio
la pressione sul grilletto che non s'ode se non un botto secco, smorzato.
Le regole infrante, le bestemmiate crisi, come temporali d'emozioni,
crepitano in echi nel vuoto del petto, sorgente di flebile umana delusa voce.
Rapita dal canto della natura, ora sei in balia del tuo vagheggiar tra i carboni ardenti,
tra i bollenti colori e le vacillanti parole d'amore.
Sembravano gocce di rugiada le beffarde recite, scaturite dal mefitico asfittico crepo di terra
sottraendosi ai crediti che la tua vitale presenza assicurava.
Cuore mio, al fine berrai solo vino annacquato cercando nel rosso dedalo dell’amore già vissuto.
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