Scritto da © Giuseppina Iannello - Gio, 21/09/2017 - 16:16
Quando è che dal pianto
rifuggo,
dolce amor, per restare
con te,
una antica canzone
rifulge,
ed è quella del
tenero april.
Io ti vidi con
l'abito bianco
sulla slitta venire
da me.
E, risento quel bacio...
quel pianto
oh, per sempre, li porto
con me.
Ti vidi, come un angelo,
venire verso me;
sfioravo i tuoi capelli...
La mano mi tremò!...
Non ho smarrito il tempo;
prevale la ragione.
Ma ti vedevo, candida,
guardarmi con amor.
“Fanciulla, tu mi guardi...
Ma sai quanti anni ho?”
“Signore, non sia tardi,
ma voglio dirvi che
non c'è nessun del luogo
che mi portò
fin qui.
Signore, mi perdoni,
la slitta si inceppò;
si è rotto anche lo spago...
Ho perso uno stival.”
Mi avvicinai tremante:
“Fanciulla, non mentire...
Ho perso la pazienza...
Chi ti portò fin qui?”
Ricordo le parole,
la voce che vibrò...
“Fu sempre quella stella
che vidi nel balcon (1).
Vede la casa bianca?
Abito proprio lì.
Ier sera un mio cugino
veniva e mi parlò:
Anneth, la gente parla...
non ti inoltrar mai più.
Ma io, che l'ebbi vista
so già ch'ella mi vuol
per le facezie in casa.”
“Vieni, tesoro,
calma...
ti ospiterò,
però...
prometti a questo vecchio
di non soffrire più.”
***
Nota esplicativa
Wolfgang e Anneth si amano inconsciamente e perdutamente. Si amano come sospinti dalla forza della predestinazione.
(1) Stella di latta, ovvero specie di girandola costruita dallo stesso Poeta per diletto.
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