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L'uomo che abbracciava gli alberi

simulazione fotografica dell'autore
C'era tutto lo spazio del giorno nei tuoi passi. Le tue grida invadevano la casa; correvi, correvi nel cortile. Lì ritrovavi quei tronchi d'albero, presenze amiche. Tu lo sapevi che loro ti osservavano perché anche gli alberi hanno occhi.
E tu gli occhi li dipingevi su quei tronchi, in quel giardino dove di giorno correvi, correvi incontro alla tua vita.
Poi lentamente eri scivolato negli anni bui. Le porte del Manicomio si erano aperte e richiuse su di te. Camici bianchi e braccia robuste di infermieri. La paura è un vento impetuoso assale e scava dentro. Camerate e corridoi, labirinti di sofferenze. Celle mute che arrestano il passo. Tutta una umanità chiusa da un muro. Guardavi immobile il cielo consumando languide minestrine. Tra quelle mura, in quelle anguste camere, cantavi. Sì, perché ti piaceva la musica e il canto. Strimpellavi su quella chitarra scordata se non con la fantasia (il motivo era sempre il medesimo) con la voce. Una voce possente. Tu in quel manicomio dai giorni sempre uguali avevi messo su un complessino con altri due ricoverati nella stessa camera. Un clarinetto e una armonica a bocca accompagnavano il suono della tua voce in quel ritornello che ripetevi all'infinito.
 
Un tempo gli alberi avevano occhi,
invano ora cerco gli occhi degli alberi.
Forse non li vedo perché albero non sono più,
o forse sono scivolati lungo le radici nella terra,
o forse, chissà, solo a me m’era parso
e gli alberi sono ciechi da sempre…
 
Era una canzone? Era la tua storia? Forse no, ma di certo era un passo importante della tua vita.
Poi quel luogo l'hanno chiuso e tu sei ritornato alla tua famiglia. A casa, in quel giardino, su quei tronchi erano comparsi grandi occhi in virtù dei tuoi pennelli e del tuo talento artistico, grandi occhi che ti osservavano costantemente. Presenze amiche, il sussurro di Dio. E tu quegli alberi li abbracciavi teneramente come si abbraccia una madre, mentre lento saliva dalle tue labbra il motivo della tua canzone.
 
Un tempo gli alberi avevano occhi,
invano ora cerco gli occhi degli alberi.
Forse non li vedo perché albero non sono più,
o forse sono scivolati lungo le radici nella terra,
o forse, chissà, solo a me m’era parso
e gli alberi sono ciechi da sempre…
 
E la tua voce era un canto che si alzava al cielo e si perdeva in un'eco sempre più flebile.
 
 

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