Scritto da © Rinaldo Ambrosia - Lun, 31/10/2016 - 23:52
Ho perso un DO.
L'ho perso mentre suonavo, nel bel mezzo del concerto.
L'ho visto salire dalla coda del pianoforte, è passato lungo la platea come un fastidioso moscone, è rimbalzato un paio di volte sulla spalliera di una poltroncina (sì, proprio vicino a quella signora che si era assopita un attimo) ed è scomparso.
L'hanno visto infilare la porta del teatro, oltre le spesse tende color porpora, e poi salire in alto.
Nella verticale della piazza ha corteggiato il lampione poi è saltato sui tetti di una casa.
La gente ha alzato il naso guardando stupita quella nota.
Un anziano signore ha rimbrottato acido: “Le note non dovrebbero uscire dallo spartito se non accompagnate dal direttore d'orchestra”.
Ma il DO è salito verso il cielo. E man mano che saliva si faceva sempre più piccolo e luccicante.
Un brusio si è sollevato dalla folla. Un bambino è scoppiato a piangere.
Il direttore d'orchestra era allibito, in trent'anni di carriera non aveva mai visto una cosa simile.
I colleghi orchestrali si sono stretti attorno a me in segno di solidarietà, mi guardavano con visi tristi, consapevoli che a causa di questa disgrazia la mia carriera era finita. Stracciata. Conclusa.
Mi sono ritirato in buon ordine, barricandomi in casa. Le fotografie delle mie varie tournée mi guardavano compassionevoli. Sono state giornate atroci.
E' soltanto dopo una settimana che ho osato sedermi al pianoforte.
Ho iniziato a suonare dapprima timoroso, ma non è successo nulla di strano.
Allora mi sono sciolto un po'. Ho suonato concentrato per circa un'ora.
Poi all'improvviso è successo.
Ho perso un LA.
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