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Zapping (racconto)

decisi di smettere e così lanciai il pacchetto dalla finestra ma poi scesi giù a cercarlo. Avevo perso il lavoro da una settimana e capii che non era quello il momento per smettere, né il modo, quindi mi avvicinai a dei ragazzini che erano vicini al portone e chiesi loro se avessero trovato un pacchetto di sigarette, ma i ragazzini mi guardarono con quella perplessità un po' ironica e vaga con la quale si guardano i folli o le puttane e così mi allontanai cercando di capire cosa in realtà avessi perso. C'era una pioggia sottilissima nell'aria. Quella sera avremmo avuto amici a cena e l'unica mia paura era che l'argomento centrale fosse il mio lavoro. Mi avvicinai le nocche delle dita al naso e sentii un forte odore di nicotina. Laura, mia moglie, raggruppava i rametti secchi che aveva appena potato ed io pensai che avrei dovuto aprire il tendone in terrazzo ma quando sentii le solite urla provenienti dalla casa dei vicini feci cenno a Laura di rientrare e ci mettemmo seduti sul divano nella vana speranza di capirci qualcosa. Erano lì da poco più di un mese, entrambi sulla cinquantina e avevano quest'abitudine di litigare per ogni cosa. Lui un lavoro ce l'aveva e per di più fumava, ma io ancora non sapevo il suo nome e ad esser sincero forse neanche volevo saperlo. Quando parlavo a Laura di lui, per qualche motivo dicevo sempre "quello li". La pioggia intanto aumentava e gli amici ci telefonarono per dirci che a causa di un imprevisto non sarebbero più venuti. Così accesi il televisore e cominciai a fare zapping. Il mio unico modo di vedere la televisione è fare zapping. E' come se i miei parametri percettivi venissero sensibilizzati da una particolare sequenza di urti che tra una soglia e l'altra inghiottono il tempo e danno forma a una propulsiva e produttiva gestione della noia. Suonò il campanello e Laura andò ad aprire. Era un giovanotto sui diciassette diciott'anni con una giacca a vento e un berretto girato sul capo e chiese di Lucia. Era un po' che con Lucia non riuscivo più a parlare; le volte che imboccavo un argomento lei frettolosamente mi liquidava ed io cominciavo i miei sermoni con Laura la quale pretendeva sempre che la comprendessi. E' un'età tosta l'adolescenza. Il ragazzo era il figlio dei vicini e aveva un'aria spavalda che proprio non mi andava giù. Gli dicemmo che Lucia non c'era ma lui insistette per fermarsi, voleva parlarci, disse, per cui lo facemmo entrare e ci sedemmo in salotto. Ci raccontò che era innamorato di Lucia e che insieme avevano deciso di partire per una piccola vacanza. Incrociai lo sguardo di Laura e mi avvicinai alle tendine della finestra. Erano un po' ingiallite. Intravidi sul vialetto il cofano posteriore di una macchina che si allontanava, quindi andai in cunina e rovistai tra i cassetti nella speranza di trovare una sigaretta, mentre Laura mi chiamava. -una vacanza, pensai, magari la vuole sposare. Quando tornai in salotto trovai il ragazzo disteso sul divano in preda a un malore. Io e Laura non sapevamo dove mettere le mani così mi precipitai in casa dei vicini e li trascinai in casa. Erano tranquilli. O sembravano tranquilli. Dopo un po' il figlio si rianimò, e noi quattro restammo a chiacchierare. In televisione davano una partita di calcio. - Qualche sera di queste potremmo cenare insieme, fece la madre - Andrea ha una malattia degenerativa e noi gli teniamo nascosto il peggio, ma non sapete quanto è difficile. Ora è innamorato della vostra Lucia e questa per noi è una cosa bellissima, ma.
Guardai gli occhi del padre per la prima volta e mi accorsi di quanto ero stupido con i miei pregiudizi. Gli guardai le mani, poi fissai il pavimento allora lui mi diede uno scossone e mi disse: ma lo sai che mi eri un po' antipatico? dai, prendi! tolse una sigaretta dal pacchetto e me la offrì. Laura scoppiò a ridere e di colpo ridemmo tutti come presi da una nevrotica compulsione alla quale non saprei dare nome. Guardai fuori convinto che fosse spiovuto. Invece no. Pioveva ancora forte.

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