Scritto da © Giuseppina Iannello - Mer, 25/11/2015 - 14:27
Il tuo animo fanciullo
ha gridato, Nemo;
un diverbio con il “Capo”,
qualche parola in più
e ti sei trovato su di una strada.
Hai girato tutto il giorno,
cercando un lavoro,
ma, hai sessant'anni,
chi ti assumerà?
Nel grande parco, siedi,
della città,
ma su quale panchina?
Non c'è ne nessuna
ci sono solo dei mattoni
di una muro diroccato e misterioso.
Sei stanco: tendi una mano ad una rosa
ma non la prendi
lasci che respiri,
anche se è sera ed è buio.
Nemo, il tuo sguardo sembra perduto.
Ma ecco, all'improvviso,
ti pare di udire una voce:
“Nemo, che fai?
Sono il tuo Angelo custode.”
Rispondi: “Un Angelo?
E' sicuro?
Anche i vecchi hanno un angelo?
Lo sai che sono triste?
Non ho più il mio lavoro,
né la famiglia.
Sono un'incognita
nessuno si accorge di me,
nessuno conosce il mio volto,
né il mio nome, o meglio
finge che io non esista.”
“Ma tu esisti!
E cosa stai guardando?”
Risponde Nemo:
“Non lontano da qui,
di fronte a questo parco,
c'era un'antica dimora:
c'erano un babbo, una mamma
e noi quattro fratelli e c'era una sorellina,
la nostra cara Stellina.
Oh casa...! Oh famiglia
la mamma intenta ai fornelli
cucinava le patate,
sì, le patate, molto spesso,
ma, anche, ceci e fagioli
con la pasta.
Ne sento ancora l'odore...!
Dove sei mamma?
Dove sei Stellina?
Oh piccolina, cosa mi stai offrendo?
E' una patatina?
L'hai cotta tu, a vapore?”
Nemo s'addormenta.
L'angelo lo solleva:
lo porta con se, in Paradiso.
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