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A lunghi passi necessitiamo la vita (traghettando il rubicondo cuore al di là dell'inferno)

Poi salivano i cori
alla volta del cielo
al colore giallo delle stelle
Brillando armonia e pulsione.
 
Sulla terra di tutti,
i signori della luce
deridevano accesi la morte
e la notte dagli incubi trapassati
 
Nei meandri dei progetti
la scelta anelava rinverdire il bosco
e sciogliere gli orrori consumati
quelli che non sappiamo mentire
 
non vivano per affondare le belle isole
impervie e sfavillanti di natura sembrano contrariarsi
come spicchi d’anima via dal purgatorio passano
ed ai barboncini dai manti cangianti
la randagia via sfianca i colori di fine estate
 
Senza tasche solo con una grugno di barba nera
premiano la vincita al minor interessato
al rotto artificio il sacrificio del creato
si dispera
 
ora riparato sotto-terra consacrata
di trisavoli orientanti ammiccanti ciglia
e scarpe rotte al sapore di cuoio antico
scoppiate in un giorno di fresco rapido scroscio
 
rapite del francescano dissapore
arenato su un’esistenza iniqua
vagamente assorta sicuramente tradita
la fede, ancor prima arma del peccato.
 
Non liberati dai fruttati sapori
il miele rimescolato accolla le carte alla solita scala,
mesto il parso amore s’appaga
tra frasi sconsolate e calcolate fasi lunari
accorrono ai disegni esaltanti l’ingranaggio cosmico
mille ragioni d’essere speranza
 
Maestre di passato le corti, beate alle donzelle
illuminate onorificate beffate
di pregne parole mistificatrici
ammaliatrici che affannano del mondo
uno sfinito pio peregrinare
 
Sciolgo la nebbia al sale delle colline ed il mare
ricorda gli evanescenti retaggi
ambrati in reliquie fuse in prigioni neurali
e pissidi di pensieri scarni
 
Realtà inviolate di genio
sottostimato bistrattato dal mondo
almeno un salto nel buio della notte
una piroetta virtuale officerà alle esequie del bon ton
tra parafrasi incollate al suolo
un treno sperso sfreccia rincorrendo pianure e valli  
rotaie amiche e sogni inespressi
irridenti, inzuppati di solipsismo esacerbato
 
sperperate senza follie acclamanti
ne ristoranti di sapida celebrazione
le sorti avverse al canto delle sirene
sbaragliano la ragione
 
s’involano pavide e glabre le scelte
senza sapere ne dove ne come
sentirsi protagoniste appaganti
priorità mirabolanti d’ingegno
 
miste d’iniquo sottile presagio
spergiurando scritti apocrifi
distanti salutiamo in coro
il mare tondo del suo retrò
 
sempre verde di natura e primavera.
potrei viaggiare senza esibire
passaporti sinaptici by-passando
eloquenti crepitii di mitraglia
 
rifugiati tra le braccia strette 
i passionali baci indorano l’aura vena
e le muraglie cinesi provano
come i sassi della luna siano vicini.
 
Ammirata riflessione a specchiare
nel scintillante lago tra rimestar di rane e papere
le regate librano come ali debitrici al vento la vita
 
sempre mia sarai ma vorrei impalmarti
spaludando le polle d’acqua stagna
in questo carnevale di maschere sconosciute
calate nella finzione irruente e faziosa
 
scivolano al torrente le parole
che volgono lo sguardo lontano
riluce di prismi d’ametista
la resinosa mistura che accolla
le vene ai polsi fino a giungere al cuore
 
nel calarci facciamo attenzione
alla rete dei pensieri assorti
inciampando maldestramente
spiaccichiamo il naso con la vita
 
Il non vederti ancora pienamente soffro
ma il digiuno passionale rende il turbamento
radioso più del tuo sorriso
che manca al tempo che passa
 
storie lasciate in quel container annerito
presagio di immobile morte
Come sceglierai il prossimo peccato?
Dopo che all’ultima cena sarò frastornato?
 
Cosa rimarrà di questo amore?
relegato nel nulla più che un ricordo,
non rimarrà per sempre mio il sapore del dolore.
 

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