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Due passi a Torino

Cupola della Reale chiesa di San Lorenzo, Torino
Era quella telefonata che aveva generato il tutto.
-Viene una mia amica di Parigi a Torino, le faresti visitare la città?
Già, come no. La città dove sono nato, dove ho vissuto e lavorato.
Sotto quella collina, tra i due fiumi, ho passato buona parte della mia vita, a Torino.
Un breve tratto di metrò ed eccomi nella hall dell'hotel. Piantato su quella poltroncina in velluto rosso, ad attendere Denise. E a cullare i miei pensieri.
 
È tanto che non torno in centro. Qui vicino c'è quel piccolo negozio di penne stilografiche.
 
L'emozione è lenta, fa fatica, ritarda. Il ricordo si sovrappone alla presenza dei luoghi. Come una bolla di sapone che stenta a staccarsi dalla cannuccia per assumere la propria individualità, il proprio destino.
 
Già, ricordo che mi avevano detto di passare la punta del pennino nuovo su una carta vetro fine, perché la stilografica prendesse l'inclinazione del movimento della mia mano. Ma chi scrive più oggi con la penna stilografica? La proletaria biro, più semplice, più comoda. Oppure la accattivante matita che si stempera, sfarinando la grafite, sulla carta?
 
Dei passi, vedo un viso sorridente che si interroga sulla mia presenza.
- Madmoiselle Denise?
- Oui
Due occhi scuri di una graziosa quarantenne mi sorridono.
- Possiamo parlare in italiano, ho vissuto quattro anni a Roma.
- Bene. Allora andiamo.
E l'istante successivo ci ritrova in strada, verso via Roma.
La via più elegante di Torino, la via dei negozi, voluta nel Ventennio, realizzata su un progetto urbanistico che prevedeva ampi spazi ed enfasi del regime.
- Pensa Denise che in questa via era stato previsto anche un primo tratto di galleria per il metrò, e questo nel 1939, poi venne usato per anni come parcheggio. Il metrò, in città, fu inaugurato in concomitanza dei giochi olimpici invernali, nel 2006.
- Davvero?- questa volta sono io a rispondere oui.
- Vedo che hai una guida turistica con numerosi appunti.
- In questi due giorni, da quando sono arrivata, ho gironzolato un po' e visitato alcuni musei.
 
Camminiamo lungo via Roma, Piazza San Carlo si apre dinnanzi a noi come una conchiglia.
- Questo è il salotto della città. Vieni, entriamo al caffè Torino, attenta a non calpestare gli attributi della silouette del povero toro che è sul selciato. Lo fanno tutti!
 
Potrei parlarti di questa città nata su un accampamento romano. Delle sue isole come tanti riquadri di una scacchiera, metafisica come le sue piazze. Dei bei monumenti e delle Alpi che la racchiudono, carezzandola tra la Dora e il Po.
 
- La Donna della Domenica.
- Pardon?
- Sì, c'è una sequenza del film tratto dal romanzo di Fruttero e Lucentini, “La Donna della Domenica” dove L'attore Mastroianni è ripreso proprio lì, dove ora ci sei tu, Denise.
- Oh... davvero?
- Nella piccola piazza che abbiamo lasciato alle nostre spalle, piazza CLN, dove hai visto le statue del Po e della Dora, lì, all'angolo c'era, nell'albergo Nazionale, il famigerato Comando della Gestapo durante l'occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale. Dopo la Liberazione, vi fu la sede del Comando Americano in Torino.
Dario Argento vi girò il film “Profondo Rosso”allestendo un bar, sotto i portici, proprio a lato della fontana
- Belle le fontane.
- Sono il Po e la Dora che riversano nelle vasche le loro acque.
 
Fiumi che portano acqua ai mulini e dai mulini nasce l'arsenale che fabbrica armi per difendere questo piccolo stato che sgomita tra le grandi monarchie europee.
 
- Andiamo a Palazzo Reale?
- Sì, vieni che ora lo raggiungiamo.
- I giardini di piazza Carlo Felice, un tratto di strada e Piazza San Carlo, altro segmento di strada e Piazza Castello, molto singolare questa via Roma.
- Sì, è un colpo di penna e il quadrilatero romano è un foglio di carta a quadretti. E poi i portici Denise, tu puoi camminare per più di dodici chilometri sotto i portici. Al coperto. Con il sole, la pioggia, la neve.
- Ecco la piazza. Là c'è il Palazzo Reale. Vieni che ti faccio visitare la Real Chiesa di San Lorenzo. È a fianco del Palazzo Reale e, per mantenere l'uniformità con il palazzo, è priva della facciata. Lo strano è, in quest'epoca di luci d'artista, che non abbiano proiettato sulla parete il disegno originale della facciata che era stato previsto dal Guarini.
Torquato Tasso, in questa chiesa, nell'autunno del 1578, onorò con la sua presenza il cardinale Carlo Borromeo in visita alla Sindone trasportata da Chambéry qui a Torino. Là c'è una lapide a testimonianza. L'abate teatino, Guarino Guarini, ha costruito diverse chiese in città. La più famosa è quella della Sindone.
- Oh... che strano intreccio geometrico.
- Vedi Denise, nella volta della cupola, nell'incrocio degli archi, la gente crede che quella forma di mascherone, due occhi e una bocca, siano la faccia del diavolo. Suggestioni. Una amica, Cristina Corlando, ha anche scritto un simpatico libro dal titolo “Gli occhi di San Lorenzo”. In realtà questa macchina architettonica è un tripudio di leggerezza e luce.
- E' molto suggestiva.
- Ma Torino è anche una città letteraria. Scrittori hanno visitato e vissuto in questa città. Hanno ambientato i loro romanzi, a volte dove la fantasia anticipa in qualche modo la realtà.
Denise mi guarda interrogativa.
- Qui, in questa piazza, Piazza Castello, sono scoppiati due incendi e bruciati due edifici. Il teatro Regio, nel 1936. In “Domingo il favoloso”, del 1975, Giovanni Arpino fa incendiare dal protagonista del romanzo - un truffatore, balordo e ribelle - palazzo Madama. Nell'aprile del 1977 scoppia un furioso incendio nella chiesa della Sacra Sindone.
- Singolare.
- C'è una scrittrice torinese, Laura Mancinelli che ha tratto ispirazione da questa triste vicenda e ha scritto un giallo romanzesco “Attentato alla Sindone”.
- Addirittura.
- Una città singolare. Dove tutto nasce e poi viene fagocitato altrove.
Sempre la Mancinelli, in “Amadé”, ha dato vita sulle sue pagine a un Mozart fanciullo immerso in una atmosfera di una Torino invernale. Ma scrivere è un lavoro da artigiani, da intarsiatori. Adattare, accostare, limare. Ma è anche leggerezza, fantasia, libertà, invenzione, allegria e poesia.
- Questa piazza è davvero bella...
- Sì, Denise. C'è mancato un pelo che Palazzo Madama fosse abbattuto. Durante l'occupazione napoleonica volevano spazzare via tutto e farne una piazza d'armi per le manovre militari. Successivamente, l'Antonelli, quello della Mole, voleva demolirlo per costruirci un nuovo Duomo neoclassico.
- Certo che è incredibile tutto ciò che può succedere... basta un piccolo evento per cambiare la storia.
- C'è un episodio singolare che racconta lo scrittore Mario Soldati. Si stava facendo disegnare la copertina per il suo libro “America primo amore” da Carlo Levi, nello studio del pittore, in piazza Vittorio Veneto. I questurini stavano arrestando Levi per tradurlo al confino e intanto perquisivano lo studio in cerca di documenti compromettenti. Levi, rivolto al commissario disse: “Adesso, se permette, dovrei finire questo disegno per la copertina del libro di Mario Soldati... intanto loro possono continuare...”
Il disegno fu finito. Mario Soldati vide caricare l'amico Carlo Levi sull'automobile del commissario, e Levi scrisse della sua esperienza al confino, nel libro autobiografico “Cristo si è fermato a Eboli”.
 
C'è una singolare distanza che si inserisce tra noi. Si insinua come un rampicante. Due sconosciuti a passeggio tra le quinte di una città. Siamo una coppia di dadi dai numeri diseguali, gettati su un tappeto di piazze e strade.
Chi sei? Cosa fai? Qual è la tua storia?
 
- Potrei raccontarti, Denise, di scrittori famosi che visitarono la città, ma non mi hai ancora detto che ci fai qui a Torino.
- Mi sono regalata alcuni giorni di vacanza.
- Una pausa di lavoro?
- Sì.
- Numerosi scrittori, in epoche diverse, visitarono la città. Erasmo da Rotterdam, nel Palazzo del Vescovo, nel 1506, discusse la sua tesi di laurea in sacra teologia.
Montesquieu la visitò bene e dedicò un intero capitolo alla città nel suo “Viaggio in Italia”. Per non parlare di Rousseau, quello delle “Le confessioni”, che abiurò il Calvinismo e si fece battezzare qui, in Duomo. E poi Alphonse de Lamarine, John Ruskin che soggiornò più volte alla Pensione Europa, celebre albergo di piazza Castello frequentato abitualmente dagli scrittori. Vi soggiornò anche Flauber, di passaggio e rimase visibilmente impressionato dai cimeli dell'Armeria Reale. Bontà sua.
Tolstoj, anch'egli di passaggio, fu attratto dai teatri e dalla vita nei caffè di via Po.
Degli americani, vi furono Henry James che non ne fu molto entusiasta e Mark Twain che invece ne fu affascinato. C'è stato anche, nell'aprile del 1906, il colonnello William Frederick Cody, detto Buffalo Bill, con il suo circo d'artisti “Buffalo Bill Wild West Show”, durante il suo tour europeo.
Ma vieni, ti accompagno alla Galleria per l'Industria Subalpina che è un piccolo salotto.
- Bello questo spazio, sembra un giardino d'inverno.
- Beviamo qualcosa da Baratti, è un caffè storico.
- Carino qui.
I nostri sguardi si posano all'interno di questa atmosfera, una bolla priva del tempo.
- Cosa fai nella vita?
Lei emette un sospiro e lentamente fa evaporare la sua riservatezza.
- Mi occupo della redazione di una rivista a Parigi. Una rivista mensile dal nome “Il Sigillo” dove collaborano alcuni docenti dell'Università. Mio marito, François, è professore ordinario di letteratura francese. È una rivista che si occupa di aspetti inconsueti, personaggi singolari, misteriosi. - fruga nella borsa ed estrae un bianco fascicolo in brossura. - ecco, questo è il numero di giugno. Ci sono articoli inconsueti sull'architettura di Gaudì, sul gesuita Bartolomeo de Gusmao e il suo aerostato e sulla misteriosa biblioteca della città di Timbuctù.
Un foglio scivola fuori dalla pubblicazione e cade a terra. Lo raccolgo e glielo porgo.
- Appunti?
Un'ombra improvvisa scurisce il suo viso.
 -No. Una lettera anonima. Scritta in italiano... me la sono trovata, uscendo dall'ufficio, sotto il tergicristallo della mia Peugeot.
 
ATTENTA ALLE... DA PARTE...
CON LA COLLEGA DELL' UNIVERSITÀ
 
Guardo quel cartoncino vergato in stampatello. Ora tutto ciò che ci attornia è immobile, si è fatto silenzioso.
- Hai idea di chi possa essere?
- Qualcuno che conosce molto bene me, la mia vita, gli anni che ho trascorso a Roma e mio marito.
- Qualche sospetto?
- No. A parte il fatto che è dell'ambiente universitario dove insegna mio marito... potrebbe essere qualche collega invidioso... deve essere un uomo. Noi donne siamo più... feroci. Avremmo scritto il nome di lei a caratteri cubitali... La stronza... Lui spergiura che non è nulla... Abbiamo litigato e io sono partita e sono venuta un paio di giorni qui... Domani rientro.
 
C'è un silenzio feroce che si arrampica su di noi. Lei è persa tra la rabbia e i suoi pensieri. I rumori di sottofondo del bar sembrano perdere ogni identità, dissolversi. C'è un peso che grava tra noi inibendo ogni gesto, ogni azione. Il labbro di Denise ha un  leggero tremore. Il tempo consuma lentamente i suoi istanti.
- Te la senti di passeggiare o vuoi che ti accompagni in albergo?
- Sì, è meglio, grazie.
Ci incamminiamo sotto i portici, nel bagno di folla del pomeriggio, poi imbocchiamo via Roma.
Il silenzio tra noi ci accompagna.
- Scusami, non volevo rovinarti la giornata con i miei problemi.
- Figurati.
Denise mi guarda con l'aria un po' più distesa e mi domanda:
- Non mi hai ancora detto che cos'è per te Torino.
- Su queste vie, in queste piazze, da solo o in compagnia, ho camminato per anni. In certi momenti mi tornano alla mente immagini di questi luoghi. Sono ricordi privi d'importanza e la città ne è la quinta naturale. Non c'è nostalgia in questi ricordi, sono immagini prive di un carico affettivo. Delle semplici foto Polaroid a testimonianza di un vissuto.
Anche questa giornata, magari a distanza di anni, tornerà ad affiorare nella mia mente. No, io non dimentico il passato. Perché il ricordo, in fondo, è una ricchezza che mi appartiene. La mia vita, senza di esso non avrebbe storia.
Ma vieni, si è fatto tardi, ti accompagno.
 
 

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