Rimanemmo a guardarci... Non ero imbarazzata e gli dicevo: “Nonno, mi sono chiesta alcune cose...” Rispondeva: “Conosco i tuoi pensieri e Ti rispondo: guardami… Sono quell'uomo che ti appare solo, sul piccolo ripiano nel soggiorno di zia Maria. Non è cambiato niente: pensa a quel vecchio e guarda in me il fanciullo. Guardami e pensa agli altri nonni: uno fu sofferente, sì da annegare nei vapori dell'alcol. Uno portò la croce dei possidenti e si ammalò di gotta... Ma l'altro, quello del quale non hai nulla, ti ha trasmesso il suo male; è il più ingombrante e batte gli altri perché dilania il cuore. Definito ai miei tempi “cerebralismo”, era e rimane quella malattia, che non consente vie di uscita. Tu sai, di somigliarmi pienamente nel mio stato emotivo. La foto di quell'uomo che non fu mai fanciullo, ti dice che il bambino ch'era in lui, avrebbe per un bacio della mamma, toccato il cielo con un dito. Tu sei nella situazione opposta perché non ti mancano le attenzioni dei genitori. Ma quella trama ordita, con sottilissimi fili da chi vi invidia, i è inspessita a tal punto, che non ti riconosci.
Ma ritornando a me, ti voglio dire, che mi ammalai per il terrore di incorrere nel peccato; pensavo di non amare sufficientemente, mia madre. Sapevo che non aveva colpa; ella era buona. Ci guardava con occhi stralunati... poi, levando lo sguardo verso il suo consorte, sembra dicesse: 'Sono figli nostri?' Ti chiederai se ebbimo una neurse... Ebbene, no. Fu solamente lei che lavò i nostri panni.
E pensa che eravamo sette figli; io fui il quartultimo... Spesso, si era in disaccordo e ci azzuffavamo per futili motivi. Sicché un giorno, nostro padre ci chiamò tutti: 'Figli,' ci disse, 'a noi non è accaduto quello che accade, a volte, ad altri genitori, che estenuati, dalle privazioni, prendono in usufrutto, i figli delle colpe, dei prepotenti. Siete fratelli e questo sia d'orgoglio. Aver lo stesso sangue dà il vantaggio, di ricondursi per una via più breve al concetto sacrale di Famiglia. Non litigate; non facciam rumore... La mamma può sentire... Ed è malata. Voi la vedete sempre silenziosa... Lio mi viene vicino e mi domanda: Papà, cos'ha la mamma? ma so che tutti le volete bene. Voi la vedete distaccata... Ella vi abbraccia e bacia col pensiero perché ha paura di quella tragedia che accadde alla sua mamma.
Padre, che cosa accadde?!. Ma Egli, impressionato, da quella frase orrenda, non volle continuare... Accarezzando l'ultimo dei figli, ci diceva: 'sciocchezze.'
Iginia, tu mi somigli; il nostro male non fu il male di vivere, ma quello di porsi dei quesiti per eccesso d'amore. Ti è stato riferito solo un particolare: non volli perdonare al fratello minore lo screzio avuto molti anni prima...
Sciocchezze...
Avrei voluto dirgli tante cose... ma prevalse il fanciullo immusonito.... Gli dissi: no, non ti perdono, nemmeno se ti inginocchi... Lo vidi poco dopo; era in ginocchio... sapeva d'avermi ferito, chiamandomi cerebroleso; ero stato sorpreso dai fratelli in un momento di estremo sconforto, mentre gridavo, stringendo una Croce: cosa è accaduto a nostra madre?! Ma veniva avanti Lui, il più giovane, e mi diceva: 'Silenzio!... Non hai nessun riguardo per nostra madre? Se tu ti impicchi, noi...'
Iginia, io lo abbracciai dal Paradiso e siamo tutti insieme. Iginia, io mi congedo; ti ho trattenuta per dirti che son buono.”
Si congedava con un caldo abbraccio e si asciugò una lacrima col vecchio fazzoletto.
“Nonno, ti voglio bene.”
“Vai dal nostro Poeta... Noi ci siamo incontrati al porto di Messina e ci siam detti tante cose...”
* dal romanzo: "Uno smeraldo tra l'azzurro".
- Blog di Giuseppina Iannello
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