32 - L'incontro | Prosa e racconti | Rinaldo Ambrosia | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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32 - L'incontro

 
Il buio aveva già iniziato a cancellare la luce. Le ombre erano pozze scure che confondevano gli edifici e avanzavano a lambire e a saturare spazi nascosti, sino a confondere le pietre del selciato e i muri delle case. Calli e ponti sparivano risucchiati dalle pieghe delle ombre, in bilico tra l'atmosfera onirica e la notte. Sprazzi di luce dettati da scarsi lampioni rendevano la scena ancora più misteriosa.

La notte regnava sovrana sulla città e sulla laguna.

Camminavo leggero e spensierato, senza ombra d'inquietudine, immerso in quella magia che solamente Venezia sa donare, confusa tra sogno e realtà. Ero sbucato, nel mio peregrinare senza meta, in un piccolo campo. Una lama di luce tagliava di sbieco la sagoma di un campanile e tra due case si apriva una corte sconta. Il campo era deserto. Il silenzio incombeva assoluto nella notte.

Avevo azzerato ogni pensiero interiore e, libero, mi godevo questi istanti di completa magia.

Dall'angolo di una casa, era spuntato un anziano signore, intabarrato in uno scuro mantello. Avanzava lentamente appoggiandosi ad un bastone. Il capo chino, borbottando tra sé e sé. A metà campo, un gatto era sgusciato fuori dall'ombra e poi si era fermato immobile. Aveva ingobbito la schiena e rizzato la coda. I due si erano osservati per un attimo.

- Ah... i gatti... - aveva esclamato al mio indirizzo quello strano individuo, poi aveva aggiunto: - la notte è piena di gatti... la Serenissima dovrebbe provvedere...

Puntando uno scarno dito verso di me, con fare inquisitorio, aveva aggiunto:

- Forèsto, siòr? -

Avevo biascicato un sì più che altro per non contraddire quello strano individuo. Osservavo il suo viso. Occhi scuri, vivaci, su uno sguardo teso. Un naso affilato, importante e quell'ansimare che sembrava dovesse crollare a terra da un istante all'altro.

Dopo un attimo di sospensione, aveva ripreso a parlare.

- Sì, anch'io viaggiai molto... in nome di Dio... viaggi costosi, perché vi erano sempre persone al mio seguito che mi accompagnavano... - aveva tirato fuori un fazzoletto guarnito di pizzi e si era soffiato il naso, tra un ansimare e l'altro, con il fragore di una tromba. Poi, con aria di rammarico, aveva sottolineato:

- Ah... i ducati e gli zecchini spesi... che la mia tasca non ha contrastato.

Si era appoggiato meglio al bastone, cercando di contenere il suo equilibrio precario e dare maggior spazio al suo respiro. Il gatto era schizzato via come un fulmine, tagliando di traverso verso la corte sconta. Per un minuto, per me eterno, eravamo rimasti in silenzio poi, improvviso come un lampo, da una finestra aperta, un fiotto di musica si era riversato sul campo.

- Xé la mia musica, siòr... dicono a mio dispetto che ho riscritto lo stesso concerto centinaia di volte. - poi biascicando tra sé e sé - xé tropo per mi... xé tropo... ghe garantisso che xé na resìa, na folia!

Un crescendo di violini che si rincorrevano sulla partitura di un andante, rimbalzava sui muri delle case, sembrava che gli intonaci stessi delle case vibrassero all'unisono. Un guizzo di luce aveva colpito il suo viso, incorniciato da una parrucca bianca.

- Va ad un ballo in maschera? - gli avevo domandato, punto da curiosità.

Aveva carezzato, con fare distratto, i boccoli della parrucca, poi aveva biascicato.

- Ah... no. Voglia Dio... no. Questa... questa l'ha fatta il francese... il padre di Anna... Anna Girò, la mantovana, il mio contralto... suo padre, monsieur Testiere, è stato un fabbricante di parrucche... E' lei la mia cara e costante amica... la mia musa ispiratrice... la convenuta che debbo incontrare... ma, di grazia, prima debbo recuperare i manoscritti dei miei spartiti e il mio violino...

- Ascolti... la sente ? È ella che per grazia di Dio mi chiama...

Lucio... Luciooo.

Un rumore improvviso alle mie spalle mi aveva distolto dalla conversazione. Mi ero voltato.

Il gatto, in cerca di cibo, aveva fatto ribaltare a terra una cassetta in bilico su di un mucchio di rifiuti.

Rigirandomi, il campo era deserto.

Quello strano individuo era scomparso.

L'avevo cercato lungo la calle, guardato all'interno della corte sconta, spinto lo sguardo in avanti, giù sino al ponte, ma nulla. Tutte le porte erano sbarrate.

E l'uomo era scomparso.

Un velo d'inquietudine mi aveva assalito.

Rientrando nel campo, nel muro davanti a me, un angolo di una locandina era mosso da una leggera brezza. Mi ero avvicinato. Un manifesto, in bianco e nero, dall'aria vetusta, annunciava un concerto.

 

L'Estro Armonico

CONCERTI

DA D'ANTONIO VIVALDI

Musico di violino è Maestro de concerti

del Pio ospidale della Pieta di Venezia

 

E sotto la dicitura compariva l'immagine del Compositore.

Da quel viso, occhi scuri e un naso concertante mi osservavano, mentre le labbra trattenevano a stento un sorriso.

 

 

Antonio Lucio Vivaldi. Venezia, 4 marzo 1678 - Vienna, notte del 27 e 28 luglio 1741

 

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