La mia identità | Prosa e racconti | Giuseppina Iannello | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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La mia identità

E dunque, risalendo al primo incontro, vi voglio spiegare alcune cose, che riguardano la mia identità:

Per quanti hanno creduto nel mio volto, non alla coreografia, volta all'inganno, io fui Rita da Cascia, giovane martire assassinata con ventuno colpi.

Per altri, non fui l'esule... ma solo la straniera, che elargiva un sorriso agli ammalati e faceva la questua non per aiutare i miseri, ma per sé stessa.

Per altri ancora, ma mi riferisco ai primi del novecento, io fui Margarethe, la bilingue che abbandonava la propria Madre Terra, sospinta da un amore, irrazionale; il mio giovane amore mi diceva: “Vuoi venire da me? Sono ancora esiliato, ma il mio cuore, ti cerca e spera; rimane nella terra che mi diede i natali.”

Detraendo gli affronti, io fui la Santa venerata nel Mondo... Ma isolata dal tempo, in una esecranda realtà, fuori da circostanziali avvenimenti. Molti mi videro, rimanendo turbati dalle rappresentazioni iconografiche, per le quali inorridisco.

Fu la superbia, di certe persone, quelle, vanesie e colte, sì tanto da poter offendere la morale, a far di me, un'intrusa, in ogni campo della dottrina cattolica. Per quanti non mi videro, ma seppero il mio nome, fui Margarethe Yosenauer, L'esclusa.

Per quanti mi amano, il mio nome, è sempre uguale, per esteso o abbreviato. Nulla è cambiato, riguardo alla mia persona: son la Santa di sempre, prosciolta dai voti di chi non è credente.

 

La mia storia di Santa (linee essenziali)

 

Nella piccola casa fatiscente, Caterina mi chiese: “Vuoi rimanere?” Annuii sorridendo.

“Devi sapere, che sono maritata... Non nella legge degli uomini, in quella di Dio. È questa la ragione per la quale ho lasciato la casa: “Per du poveru homu, abbandonatu e sulu; idest malatu n'da n'u lebbrosariu... Ed non mi dissi nenti da so' storia.

Le dissi: “Non importa, e mi accorgevo di non tremare più, come avrei fatto se fossi stata sola. Così mi raccontò di quell'itinerario, che svolgeva in segreto, perché se avessero saputo ch'egli sia pure sofferente, era uscito indenne dalla malattia, lo avrebbero mandato ai lavori forzati, espatriato. Chiesi debolmente: “Quale era il suo ruolo?”

Rispose: “Fui un'ufficiale della marina mercantile ...”

Arrossivo... Perché non riuscivo a capire.

Mi fece una carezza... ”Non ti scantari... Ti posso assicurare...”

Le altre parole, le compresi al volo:

Egli era buono, quanto insofferente; non tollerava arbitri, né soprusi. Quando si accorse che tutti i deportati eran persone, scevre di colpa, profughi... E maldestri strafalcioni, ritenuti tali perché non avean più forze, cambiava rotta e disse al caporale: “Mi spiace, in questa nave, non c'è nessun oggetto, di contrabbando... Mi spiace che non ve ne accorgiate.”

E fu così, che venne perseguitato... Infine accusato di aver violentato la moglie di un giureconsulto. Ora, ti dico: “Francesco è al Sanatorio per malati di lebbra. Sei proprio sicura di voler restare?” Rispondevo di sì con un abbraccio.

Mai mi sentii più forte di quel momento... Io che avevo paura della mia ombra.

“Signore, fa' soltanto ch'io sia me stessa; non come sono... Ma come avrei voluto.”

* continua *

 

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