Vorrei scriver di te.
Del sogno mio: "L’avverato".
Pantocratore il tuo sorriso.
Aristocratico tuo
…il camminare.
Mi raggiungi sempre
in quest’estemporaneo e lento
esserci costante.
La mano tesa
…la tua
…poi la mia a raggiungerla.
Oppure al contrario
…la mia.
L’incantato mio... osservarti.
Eppur tuttavia,
l’antica sindrome
di uno Stendhal
riconosco
nel trambusto osceno
della vita intorno.
Ma quanto resta
di quella scalinata
che storta,
diritto porta al mare?
Mattone di taglio e intorno pietre
e poi un gradino.
Oppure
lo striscio di una lumaca,
la parietaria al muro
ed io che penso:
“Non sono
…se non sei”.
Come uno spancio
di muro a secco,
che di lui parrei soltanto,
il corrimano rugginoso
delle mancate carezze
degli amanti la sera,
ma ch’eppur lì appeso
ugualmente
…sta
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