Le ciliegie sono troppo piccole quest’anno. Nel cesto consumato di vimini, sembrano macchie rosse di peccato. Il loro colore acceso, quasi arrogante, compensa l’insipido sapore che portano in bocca.
Osservo le loro foglie di velluto verde, dalle forme irregolari. Cerco di nascondere un pensiero, mentre un raggio di sole fruga nei misteri di quel frutto.
Sento il fischio di un treno. Il mio cuore si ferma.
Immagino binari che mi ospiteranno, braccia tremanti che mi imploreranno di restare. Ma la mia anima sarà già di pietra.
Ho dimenticato la passione in quel cesto di ciliegie. L’ho abbandonata come un’infante nel fiume sicuro.
Non sono più responsabile dei miei sentimenti. Il fuoco ha bruciato quando il corpo era giovane.
Scopro con dignità che la vita mi è nemica.
Adesso il candore dei fogli mi rapisce e non nascondo più le mie tristezze dietro giochi innocenti.
Quando la notte diventa troppo triste, metto su una musica che dà forma a istanti lontani.
Nei miei ricordi, vedo fanciulli correre, mentre si scambiano i profumi della felicità nei prati inondati di sole.
Una sigaretta soltanto, che sporca bocche troppo rosse per essere ancora vergini.
Ci riempivamo di eterno, nei mari di prati infiniti. Sembravamo animali senza padroni, dimenticandoci in bottiglie di vino gli ordini dei genitori.
Tra un frutto rubato e il desiderio di un ruscello, ci sentivamo sovrani nella bellezza della natura.
Attraverso quei colori, abbraccio la croce del mio presente.
La città, rivestita di grigio cemento, sembra una donna nel letto di uno sconosciuto.
Vivo il mio martirio sul ciglio di un balcone. E penso alla luce vermiglia di quelle ciliegie, a quel pomeriggio che recava con sé il sapore delle campagne lontane.
Errante nella notte, bevo il mio respiro, con la speranza, un giorno, di reincarnarmi di nuovo in me stessa.
- Blog di Mariella Soldo-Notterrante
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