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Scritto da © Giuseppina Iannello - Gio, 12/05/2011 - 09:24
Signora Olga, in sogno sei venuta...
La mamma mi ha tradotto
il tuo messaggio:
con il cuore d'allora,
mai mutato,
mi stai dicendo:
“Chiamami zia Olga.”
Rivivo il tempo
della mia prima infanzia,
quando mi trattenevi
in un abbraccio, dicendomi: “Putina...
O qual sorpresa...”
“Cosa vuol dire?”
Chiesi un dì al papà
ed egli mi spiegò...
Però, sapevo che
volevi chiamarmi
nipotina.
La tua voce tremava
e vi leggevo
come un'ansia d'amore.
Però, ci frequentammo
molto poco;
il tempo ci travolse
e non ti vidi più.
Anch'io, sentii sfuggirmi
l'occasione, di parlarti,
di dirti molte cose.
Eri pallida...
Avevi il volto stanco...
Il ventre gonfio
denunciava molti
torti subiti
e lacrime represse.
Io ti guardavo;
comprendevo bene
le affinità con
i miei genitori.
Negli occhi mesti
vedevo la mia mamma,
in là nel tempo,
nelle immagini sacre
che adoravi,
la sua stessa passione
ed il suo pane.
Avrei voluto
sui capelli spenti,
posare una carezza...
E avrei voluto,
dirti con certezza:
“Non ti rammaricare;
dischiudi la finestra
e guarda il Mare Nostro:
è una promessa.”
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