Cara Anna, è successo ieri sera. È stata una gran cosa!
Mi stavo rilassando dopo una di quelle giornate dove tutto ti gira storto. Sai, del tipo: auto guasta e il carro attrezzi che arriva dopo due ore. In ufficio, un contratto di serie A sfumato, perso per sempre, senza la possibilità di ricucirlo mai più. E a casa quel maledetto boyler che, a secondo del suo umore, passa da una temperatura vulcanica a quella di un distributore di cubetti di ghiaccio.
Comunque, dopo una doccia che sembrava un percorso ad ostacoli, ho messo su della musica jazz a basso volume sullo stereo e mi sono sdraiato sul divano. Ho raccolto dal tavolino quel vecchio libro che mi avevi regalato, Natura morta con custodia di sax, di Geoff Dyer e ho iniziato a leggere.
Il tempo, allora, ha rallentato la sua corsa, si è dilatato. La musica, ad un certo punto, si è fusa con il testo. Suono e parola, parola e suono. Lester Young, Thelonious Monk, Bud Powell, Ben Webster, Charles Mingus, Chet Baker, Art Pepper, Duke Elington, Harry Carney, superando il divario dello spazio e del tempo, lentamente sono usciti dalle pagine del libro e hanno dato fiato e corpo ai loro strumenti.
Ne è nata una grande jam session. Credimi Anna, e non era solo una jam session musicale. Anche le parole assumevano sonorità, la stanza ne era satura. Storie e gesta di musicisti che vagavano nello spazio, suoni che si staccavano dalla pagina per lacerare il buio della notte, per ricombinarsi in altre storie. Storie infarcite di uomini e di dialoghi, di fumo e di sudore. E, quasi sempre, i dialoghi erano degli “assolo”, parole minime che evaporavano verso il cielo, verso l'infinito.
Parole e musica, pura musica jazz che ti prende per mano e ti porta via, lontano...