Scritto da © Manuela Verbasi - Dom, 10/04/2011 - 09:46
Superficialità/profondità: ecco una buona chiave di lettura per accedere all’opera di Georg Simmel (1858-1918). Lukács lo aveva definito il filosofo dell’impressionismo; Adorno aveva bollato la sua filosofia come “giornalismo”. Sul suo conto, si raccontano aneddoti gustosi (ma che svelano la leggera profondità della filosofia simmeliana). Meinecke racconta così il suo incontro con Simmel: «Quando egli venne, gli offrii da sedere; ma egli rimase in piedi e cominciò a tirar fuori dalla manica una filosofia della sedia e dell’offrire da sedere».
Pover’autore della Storia dell’idea della Ragion di Stato nell’epoca moderna: anziché vedersi esporre una dotta filosofia politica si vede offrire una estrosa “filosofia della sedia”! Già, perché a Meinecke sfuggivano tutti i significati reconditi che sono racchiusi nell’atto di sedere, o nel restare in piedi. Così come gli sfuggivano tutti i rapporti di potere insiti in questi atti quotidiani e così interiorizzati da sembrare del tutto banali.
«Estroso, imprevedibile, insofferente di barriere disciplinari, avido di conoscenza della vita quotidiana, autore di una miriade di saggi che accoppiano ad un acume analitico spesso folgorante il più deciso rifiuto di ogni intento sistematico, Simmel fu sempre perseguitato dal sospetto di Universaldilettantismus» (Bruno Accarino). Simmel era capace di passare con estrema disinvoltura da un saggio sulla Filosofia del denaro, scritta alla maniera tedesca, a uno su L’ansa del vaso. Credo che fosse questa sua “disinvoltura” a provocare un certo fastidio nei suoi detrattori: un anfibio filosofico di cui non si riesce a trovare la giusta collocazione. Tutto ciò perché ai suoi lettori/detrattori sfuggiva il fatto che Simmel aveva fondato la sua riflessione su un’analitica dell’azione reciproca. Gli effetti di reciprocità che legano tutti i fenomeni tra loro vanifica la pretesa di trovare nella realtà dell’esperienza «una qualche completezza sistematica e definitiva», che, nei migliori dei casi, si rivela un’illusione. Tentare di fissare in modo permanente e stabile ciò che è in continuo movimento è illusorio: la vita scorre incessantemente e nel suo fluire crea forme fluide, condannate al superamento. Ma la bellezza e l’incanto della vita sono dati proprio dal suo continuo scorrere, dalla mutevolezza del suo essere, capace di creare forme nuove e sempre diverse, dal fatto, appunto, che tutto ciò che è solido si fa liquido e si dissolve nell’aria.
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