Scritto da © ferdigiordano - Mar, 25/06/2013 - 16:33
Invito per la Corale “Fatti a mare”
a: iscritti a Rossovenexiano e non; Ospiti o passeggiatori del lungocalle;
come: legandosi ad un verso tra quelli già presenti e inserendo il proprio post in coda al post che ha sollecitato la composizione;
è importante: il verso scelto o il gruppo di versi dovranno essere in testa al proprio testo;
è indispensabile: poesia o tentativo di farne (lo dico per me) ;
lunghezza: non eccessiva né sparagnina;
qualità: non sta a me giudicare il vostro meglio né altri possono sentirsi in dovere di farlo;
stile: nel rispetto delle regole della Casa che ci ospita;
perché: è un gioco, forse (per tutti), in cui non c’è competizione ma contaminazione;
quindi: se non sei un montato/a e sei svitato/a abbastanza questo esercizio creativo un po’ ci rimette a posto (e giusto per tirare la volata ai buoni corridori, apro con un verso di Manu).
1
Muove appena il labbro il sorriso del sole(*)
qualche strada si apre ma non si capisce dove
il cielo prenda tanto colore
Forse perché a guardarlo ancora e ancora e ancora
tutti gli occhi vi hanno lasciato tinta
e passione. O forse è la crisocolla
che cola dal cosmo e prima di Rayleigh
prima del mondo contaminato di stupori
per tutta al Terra l’azzurro è una cotta
più che un’armatura.
(*)da: “Sui fianchi delle case e le chiome del crespino” di Manuela Verbasi
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- 8802 letture
Tinta di passione avvizzita
Non udì il suo vecchio amore bussare alla porta!
Spense senza saperlo un leggero rossore d’amore.
A tradimento aveva osato incendiare delle povere gote sbiancate da bugie protratte oramai solo per dispetto.
più che un’armatura.
Una cotta, qualunque cosa esso voglia dire, azzurra. Così io/tu rovesciati in quel Lago d'Averno che a cieli liquidi balza dalle teste. Come tale torna al letto del giorno ogni tempo.
Furori degli dei: Kore dallo splendido viso che soggiacque al petto dei cavalli nella favolosa pianura e segnò l'inizio alle stagioni; né ci fu chi vinse quell'impeto che divenne dolori ed inganni sepolti nel seme. Ancora oggi si vede si sentono gli animi schiudersi opposti a indovinare se il fulmine appartenne al re o al fratello o se un'unica stirpe in onore ai Titani. Kore, che volente di azzurre primavere, presa di fiori e profumi, pretese e avvinse a sé un quarto delle proprie vite. Kore accogliente.
Hai ricordo di Potosì, di San Rafael? Mia Kore dalle belle braccia?
Rammenta i fiumi come immacolati miracolanti scendevano da coltri di gelo.Ora, da picchi devastati come le membra che si sono spese scendono veleni di ghiaccio. I re di qua delle nubi soddisfatti del sacrificio umano
Di eserciti sterminati che ti hanno fecondato il ventre come Ade lo ha fatto ricordi? Stuprata dal fratello di Zeus. Stuprata dagli uomini.
Fossi tu rimasta oltre lo Stige, regina minore dei morti, a segnarne gli occidui confini.
Non Adone è riuscito a consolarti, nelle lussuriose dorate sere d'estate, Adone dalle splendide membra, dalle dolci labbra, prostituto di Afrodite.
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oh quella vela
di pelle bambina
ignuda ed esposta
all’immane vuoto d’azzurro...
degli inganni soavi.”
millantati e perduti
nella pozza di un’acqua
neanche sorgiva
che del mare
conserva ricordi
di vecchie leggende.
li risucchiasse... “
liberando anima e mente
da inutili recessi
ombrosi e muffiti
vittime sacrali di ricordi stantii
da lasciare al limbo immutato dei giorni.
cento lune scandagliano
abissi di morti coralli
tra ermafrodite spugne
schiantandosi quindi
con l’ultima onda
sui fianchi di un reef
verso un nuovo suolo ..."
si scheggiano perduti
su crepe colmate di spuma
a nascondere orrore
di sangue innocente
di fiati distorti da ninfe crudeli
nell'infido canto
di mille sirene
E l'ultima aria è sale primitivo del cielo.
La sua eco si sparge
dalle ferite di martirii remoti
le sconfitte dissepolte dai venti
che giacciono
nelle buche dove si svuota ogni marea
accumulati i relitti
bruciati sugli altari
di indifferenti dèi
nell’urna serbando
ceneri di una vita
perduta a cercare
la linea d’orizzonte
perché imperturbabili
tenute in vita dal germoglio
che nasce eterno
e non sa dove l'appoggio e la fine.
ingannano fede trascinando
corpo morto su avversi fondali
in cerca di ormeggio
sperdute tra flutti e colori diversi
ma è solo silenzio
giammai un ritorno
gli scrigni coi tesori
come tante chimere
affondati nel buio
di acque che sono
condanna
A vuoto
girano i giorni
Quasi un lamento.
Lo lascerò morire senza cercare ancora di dargli un nome.
dalle finestre aperte di una stanza rosa
un breve muto addio
portando i sospiri di pace
lontani da rotte errabonde
trascinate alla deriva
su battigie d’illusione
Il bosco ne piange sommesso lo splendore
e sovrano trionfare
genuflettendo pagani
e sovrano trionfare
l'infinitudine di notti
colme di volti che hanno perduto i nomi
così ci sorprendono gli dèi all'alba:
immemori, erranti tra gli scogli