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poeti maledetti

astrazioni d'un mercoledì da leoni

fammi sanguinare sotto i troni

Quando ci sono

 
 
Appena sotto le palpebre, un facchino
invisibile esplora il bagaglio e stiva
l’incursione nei luoghi.
 
Questo sforzo ammette l’abrasione
che riscuote il volto,
la smerigliatura al dolore.

Dalla lettera allo sguardo

 
 
C’è una inosservanza nell’orizzonte,
là dove mischia due epiche diverse
da rapsodo lo sguardo controverso.
 
E’ la mitologia della partenza che sposta
gli arrivi ai battelli, ai binari, alle comete.

Ti stupisci a ridere

L’incanto dell’amore
è tutto qui:
ti stupisci a ridere,
a cinciallegrare
fino a ringraziarla.

Che spento
il cellulare dormi.

Ininterrotto sangue

ti direi della stanchezza come
un velo opaco sui pensieri
un procedere accatastando gravi
oggi dopo ieri, la corsa dei giorni
contati dal doppio cono di una clessidra
riflettente luce, sempre
 
ti direi questo e poi appoggerei la testa
sulla tua spalla, cercando un riparo

Il do di verso

 
 
Credo ai ritmi, alle abluzioni nel suono,
quando è tenuto sacro il rumore.
Alle note vergate in calce,
a voce;  per le scritture a retro
delle cantilene, le decime
ai fogli: non credo alle spoglie

La rosa

 
 
Osservo una rosa. La rosa è ovunque
con il suo armamentario di miracolo urbano.
Non sa che dirmi, e non parla; in genere
osserva dove cade il piombo della parola,
ascolta l’accento, innesca la virgola.

Ti direi quando mi taciti

 
 
Le tue mani mi aprono all’acqua. Hai mani irrigue,
canali protratti a lungo. Versi ai bulbi. Passa
la goccia, passa un treno di brividi. Tremendo
vibra il pettine del pube. Una tellurica di spasimi
menziona sillabe a tamburo. Tuttavia la goccia

Dalla piega dei polsi

 
 
La luce è un conglomerato di profili. Nessuno ritrova
tale costruzione. Né nella cassaforma che
modella ogni corpo, né per la concomitanza
dei lati in ombra: lei, da sola, opina la soglia.
 
È una vestale

Questa sedia è sghemba – dove sei ragazza?

 
Questa sedia è sghemba
ma regge macchie di piacere improvviso.
Ha una zoppia d’amore
- si potrebbe dire –
come dal pane scavavamo proiettili
a farci bersaglio
prigionieri poi cavalcioni nella continua resa
a risa

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