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melenserie

Cose Così [dalle finestre]

Lo stesso odore dopo ch'è piovuto sulle rotaie del tram che hanno divelto gli asfalti. Da sopra, dove sono, cupole di nylon sui raggi piegati degli ombrelli rotti. Il numero importante di raggi verso il centro mi dice siamo davvero in crisi. Quanto costa un ombrello non di marca, cinque euro?
Su chi cammina in fretta, un'acqua fresca s'accanisce di strisce trasparenti e vento.
Vento ai mal di gola.
Un cane porta il padrone al guinzaglio, uno tira e l'altro si punta.
Questa è Mestre, signori.

Manuela

Chiocciasse un mormorio di pace

Che avessero abbracciato il cielo con un tocco di rugiade
è scritto
sotto i mari impresso
 
che viaggiasse luna
maree
 
inoltrandosi la notte
 
Nei boschi di ciliegi
chiocciasse
un mormorio di pace
 
E gli occhi della Terra fruscianti, all’apparir del giorno
aprissero le braccia narrano
questi naviganti  

P.s. ma si può ancora scrivere così? 

ho rivisto il tuo sorriso..

è così, per puro caso che, camminando in una fresca mattina ho rivisto la persona che un tempo

mi faceva diventare matta, una piccola cotta in confronto a quella di adesso, ma comunque significativa soltanto perché riuscivo a vedere la mia anima riflessa nei suoi occhi color cioccolata...
ed è così che per un momento ho rivisto il suo sorriso..ampio e sincero.. simpatico e dolce.. ora il mio cuore batte per qualcun'altro,
ma lo stesso rimane il più bel sorriso del mondo....

desideri

Ogni pensiero, ogni respiro della notte, ogni raggio di sole, ti penso e non vorrei.. non potrei.
Sei il mostro del mio incubo da cui non vorrei mai sfuggire, il mio primo volo libero carico di energia e voglia di amare... senza catene, ... ma mi infrango contro un duro muro di cristallo,... perché?
Ti penso e non vorrei, Ti voglio... non dovrei...

Te lo giuro.

E sentirai il mio respiro,
ed in esso troverai
illusioni e dolori.
E non parlerai,
ti limiterai a cercare
una briciola della mia presenza.
Siamo solo due fantasmi rannicchiati
alla ricerca d'una realtà
in cui vivere davvero.
T'aspetterò in un sogno.
Te lo giuro.

Il babbo scemo

Tempo fa, quando avevo l'io sotto la suola delle scarpe e trovavo liberatorio persino pensare ad una visita notturna della parca, in sembianze erotiche, m'ero messo in testa di dover morire all'età in cui era morto mio padre: 69 anni. Presi a fare un giochino, non so se per esibizione o per inconscio desiderio di attenzione. All'improvviso, sparivo dalla vista dei miei, che poi mi trovavano e, tra risa e lazzi, lì "costringevo" a guardarmi fare il moribondo.
Loro non si divertivano, specialmente le prime volte ma, li prendevo sempre di sorpresa. Mi stendevo - il pomeriggio per lo più - sul letto grande, su una copertina scura o un tappeto scendiletto, a volte, due grandi guanciali bianchi sotto la testa, le mani incrociate sullo sterno, niente corona, che mi faceva senso. Lei, la moglie, non veniva più, i figli, grandicelli ormai, sebbene mi mandassero regolarmente a quel paese, subivano il rito, insofferentemente. Principiavo, con voce impostata :"vedete cari figli_uoli, vostro padre parte, è tempo di andare, va nel mondo dei più, senza veri rimorsi e molti rimpianti, sperando che voi abbiate il giusto senno di portarvi bene nella vita che ve ne verrà agiatezza e felicità"; poi sbarravo gli occhi e mimavo l'esalazione di un tragico respiro, lungo e definitivo come senza appello. Per quanto mi scuotessero non davo segno, non reagivo, finché non mi facevano il solletico.
"Pa', non fare lo scemo, dai..." era l'invito, tra il faceto ed il serio. Mi tiravo su, con una punta d'amaro ad increspar in basso il taglio della bocca, finiva in riso, . Qualcosa, da un po', mi aveva rubato il vero sorriso.
Come canta Enzo Jannacci, "...vorrei andare al mio funerale per vedere se la gente piange davvero, scoprire ch'è per tutti una cosa normale e sentire, di nascosto, l'effetto che fa". (libero adattamento)
 

Pietro dagli occhi indaco

Nato dalla morte,
splendi di vita.
Cresciuto dalle lacrime,
invecchi col sorriso.
Strappato con egoismo
al cielo,
emani così tanto calore...
Partorito dal freddo ventre della guerra,
sei la resurrezione della tua terra,
Pietro dagli occhi indaco.

[Dedicato a chi ha saputo nascere e rinascere dalle ceneri della  guerra. 
Dedicato a Sarajevo.
Dedicato a Pietro.]

Dolcezze al tramonto

I colori del tramonto
sui nostri visi incantati
mentre il sole s’immerge
rosso nell’onda
e tinge del suo colore
cielo e mare
e monti affacciati
sulla costa assopita.
Brillano di luce nuova
i nostri sguardi
perduti sognanti
nell’incanto
nel silenzio magico
delle nostre voglie.

Così, come così

Così, come così, le labbra cotonate al genio
chimico/
retrogusto il palpito/
così addormentarsi nella sera
ed il risveglio/
un'altra notte, la tua bocca
 
 

Il portiere di notte.

(un rapido sguardo ammiccante decide il percorso preciso
le chiavi sapienti dischiudono l’accesso al nuovo paradiso
lui che comanda discreto il circo di spettacoli ed arte varia
dal banco assonnato annuncia il ripetersi dell’ars amatoria)

il lift con sorriso complice ti accompagna al primo piano
non hai bagagli con te, ma comunque lui tende la mano
con fare distratto lo guardi e gli allunghi una banconota
poi chiudi  la porta e interpreti la parte da te conosciuta

trilla il telefono e “pronto?”, mentre lei si attarda in bagno
urli al portiere di notte “Cristo! stai infrangendo un sogno”
con voce arrochita e stanca ti risponde l’uomo in divisa
“signore lasci la stanza non accettano la sua carta Visa!”
 

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