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Qualora

Qualora, il pensiero, potesse
tu lo imprigioneresti, caldo, immune
come l’altro giorno.
vagare
scansionare
questo notte giorno
a darti pace
aerea
senza vuoto. sere.
luci e buie, anima
bella
 

Il Passo

Il passo, vidi, un gemito, aria, il cielo rosa, e l’africa
l’africa che torna, a salivarmi
gli occhi

Occorse

Occorse.
La sera era maggio.
 
Il coraggio si aprì tale un coperchio
la carne
bastò battere il fondo
 
Sul piatto di portata
virtù e vizio
 
Era l’alba.
Una, delle viste

Che c'è

Che c’è a fianco di un sogno?
Una cometa forse.
 
Vorrei ci fosse il nucleo della terra.
 
Dipende, le variabili. Luce, l’arcano che
non ferirà mai ombra.

 

Dimmi tu, vita

Egli è

Egli è
la ballerina che scende sulla notte
lo senti il fischio?
Metallo, crudo
Muove piano
cerca
 
non sai cosa
 
Votato, senza colpa
muove
 
Sul quadrivio
la sfida
osserva l’orso
 
 
 

Profondità

A Derrick De Kerckhove
 
Della pelle, occhi, degl’abissi
dicevi, sorridevi
11°, 21’-142°, 12’
indicando, con il dito
noi, noi si guardava
le pareti sorde, bianche
poi
venne notte, il sonno
 
che lungo
e profondo
è il mare su d’un indice
ahah ah
puntato su due seni
 

Come si spegne una pallottola

T’amo, mi amo
dissero
e si lasciarono felici
anzi, morirono
come si spegne la pallottola
 
Il sole in alto, nevicava
t’amo cretino
maledetta
grandinava, anzi
sui fori
 

La Signora

I
Ero rimasto solo nello scompartimento, quando la Signora, che doveva appena essere salita su quel treno, apparve dietro il vetro dello scorrevole e guardò se v’era corrispondenza tra i numeri a fianco della porta e quello della poltrona prenotata, stampato sul talloncino beige che reggeva all’altezza del seno come fosse presbite.
Una volta assicuratasene, appoggiò la mano inguantata dello stesso colore del biglietto sulla maniglia d’ottone e, senza sforzo alcuno, il battente scivolò all’indietro riportandomi per una frazione di minuto alla realtà sonorizzata del marciapiede ferroviario.
Dietro il finestrino del corridoio un signore biondo grigio, alto e corpulento, sbarbato perfettamente, dopo averla baciata sulla guancia, si stava chinando a raccogliere la valigia della moglie, di cui potevo scorgere solo il cappellino fiorito ed una sezione del viso.
Anche la donna appena entrata indossava un cappello, a tese larghe, color sabbia come i guanti, che si intonava deliziosamente con il tailleur nero fumo che finiva sotto le ginocchia. Dallo stesso pendeva un velo che poteva solo farmeli indovinare, i lineamenti del viso.
Mi alzai, arrossendo leggermente per non essere stato pronto come avrei invece voluto, e con lo sguardo chiesi il permesso di poterle alloggiare la valigia sulla reticella all’altezza del copricapo. Sedette.
Non era molto alta, direi anzi di statura più bassa di quella media delle studentesse che avevano pochi istanti prima svuotato la cabina, ed i fianchi, pur se strettamente inguainati dalla sottana, mi sembrarono anch’essi un poco ridondanti rispetto ai canoni di snellezza anoressica che già imperava da un decennio.

Eternità

In un trapassato remoto
ancora ti vedrò
agli odori risalenti dal muro
dei lillà cantare
dei nostri baci
voce intonata

Stamattina, ad esempio

Stamattina
ad esempio, mi son svegliato dicendo
fra me e me
di avere una fame boia
 
risaliva dalle vene
fino alla lingua, lì disotto
Tu sai le papille che scherzo fanno
gli umori
 
Avranno una memoria loro
queste sensoriali?
Bah!
 
Mi son cotto due uova al tegamino
occhio di bue
mi sono messo a lavorare
 
e, tranne per un altro caffè a metà mattina
non ci ho pensato più, fino alle tredici

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