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blog di rocco sting

le cose non dette dagli altri

ognuno di questi incontri

ha il colore della malva
grigia ed eterea,
 
non assomigliano ad altro che a loro stessi.
 
ho rimosso
tutto ciò che non sia il sapore
di un primo abbraccio nell’ultima estate,
 
la cura che hai dell'estetica
per far piacere unicamente
(pure tu) a te stessa.
 
d'altronde i più sono abbastanza sensibili
da chiamarti femmina
quando entriamo,
in ogni caso di lì a poco li renderai tali.
 
e lo sei
effettivamente
 
f e m m i n a
 
oppure una vagina sugli stivali
secondo i punti di vista.
 
ma lo sei
indubbiamente
 
tanto che pagherei me stesso
per saper mentire d’orgoglio.
 
gli uomini e le donne ti sbranano
contemporaneamente
poco importa se per motivi diversi,
 
sei comunque il nutrimento
di una cifra multipla
di pensieri.
 
mi trovo in mezzo
e tutta quella pornografia occhiuta
disinnescata a stento dall'essere in pubblico
smembrerebbe anche me pur di raggiungerti.
fortunatamente tu
sei sempre stata troppo avida di più facili manovre
e hai bisogno di inutili parole
per rendertene conto,
così da poter scegliere.
 
perciò esattamente come siamo arrivati
ce ne andiamo

affinità (sapersi intendere)

ora tu stai seduta
davanti a me
e onestamente
non mi par vero
 
eppure vedo le tue ginocchia,
da sotto il tavolo e in controluce ma,
quel tanto che appare mi piace.
 
eh bé
 
non jeans e maglietta
ghette
una veste perfetta
bluse maglioni
o sabaudi calzoni:
 
i pantaloncini ti sei messa.
quelli s t r e t t i.
 
so quel che la vista
incontrerebbe salendo,
da qui non ci prendo
 
ma lo so:
 
i tuoi femori muscolosi e comunque longilinei.
asciutti. levigati ambrati. virili.
 
al momento
tutto è impacchettato da sto ambaradan
di calici e tramezzini
viavai d'occhi altrui
conteggi alla cassa
sgabelli e tavolini.
 
ascolto muto tu che sei uscita di casa
tu che fai segno con l'indice,
che hai mandato affanculo
quel ciccione che ti stava sopra ansimando,
passeggiava al tuo fianco dormendo.
 
lo rivolterei il trespolo.
 
ci sarebbe un manicomio
d'ogni grazia servita,
nondimeno io sento che devo montarti.
 
adesso.
 
guardandoti rimango zitto
il tuo analcolico (che roba)
è praticamente lì,
sto per arrendermi all'imbarazzo
tra desiderio
erezione
e una pavida intenzione
quando ammicchi in silenzio:
 
“vai a pagare?”
 

 

io ti adoro

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