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blog di Mariagrazia Tumbarello

ciao

ciao,
ed era un soffio,
stagliato contro la balaustra
del cielo indifferente,
mi guardavi con le mani avvolte,
spingendo il capo oltre
l'orizzonte rimpicciolito
dal sole che t'amava già,
avevamo due parole
e il mondo ai piedi,

banco da bar

tra le dita da attore,
da attore consumato,
e tu ruoti un pò smarrito,
sopra il banco del caffè,
ti si insinua la mia voglia
e quel discorso inusitato
e di fumo e sigarette
che si piallano da sè,
no, non fumo, la ringrazio,

tavola piatta

non ha riguardi
nemmeno per la rosa posata
senza respiro
sulla tavola piatta del tempo,
il tempo,
che s'invola a meraviglia
tra una stoviglia usata
e l'altare dei ricordi muti
che accecano il fiato,

cantastorie

dentro, nella pelle,
cercando l'anima,
giù in fondo,
dove il canto dell'eternità è sirena di vita
per i cantastorie innamorati,
in cerca di fame come la nostra,
che l'imbrunire invidioso
ci ruba e sotterra,

piano a coda

 
se a disfare il tempo
impiegassimo anche
tutto il nostro tempo,
e imbambolati osservassimo
le pigre dita
che si muovono sopra
i tasti ingialliti del piano a coda
che batte i rintocchi,
ecco allora
resisterò alla promessa

specchio d'acqua dolce

lo vedi
che siamo specchio
nell'acqua,
che plana improvvisa,
lasciandoci spogliàti e vivi,
abbiam desiderio
di vergare al cielo
il caldo sapore
di una notte di fantasia
e di colori assortita,

respirami, sentimi

respirami,
sentimi,
invadimi,
voglio
che la mia verità sia la tua,
adombrata appena
dalla paura di andare oltre il possibile,
dietro quello steccato
c'è ancora la luna
e i nostri occhioni impauriti

pianto di bimba

le tue lacrime sono le mie,
quando ti vedo battere le ciglia
intorpidite dal mio sorriso,
alberga in me una forma di disperazione
che placo solo
dopo aver rimirato,
e con costanza voluta,
le tue braccia voltate al cielo
a cercare il mio abbraccio.

di baci affamata

svèstiti
di paure solitarie,
arrampicami
sulle tue vette antiche,
dove guardare orizzonti maturi
pareva una festa continua,
intervallata appena
dal clangore muto
degli abeti raccolti a primavera,
rotanti come la nostra fantasia infinita

speranza

non ho mai abbandonato
la speranza
di tornare per te
quell'amore
che il destino ci ha donato,
pallidamente assisi
su quella coperta kaki
a guardare un cielo
che non sento più mio;
se solo quelle mani
abbandonassero

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