Questo piacerebbe a Gigi Marzullo
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Era solo una fotografia
uno scatto, un’immagine rubata
un lampione illuminava la via
il ricordo di una strana serata
gli occhi brillano ancora di pianto
tu ed io dimentichi del domani
mentre la vita ci scorreva accanto
danzavamo in mezzo alla strada
ebbri solamente del nostro amore
e la luna sorrideva alla mattata
nonostante tutto balliamo ancora
abbiamo dato e avuto dalla vita
non smettiamo adesso, non è l’ora
la musica è più dolce, non fa rumore
non si sente il peso della nottata
il ballo della vita non reca alcun dolore
sono sveglio e fisso le ombre sul muro
vivere con te è stato quasi perfetto
manca ancora un tratto per essere sicuro
da qualche amico in vena di mattana
chissà se sapremo ancora ballare
la vita non aspetta, la grande puttana
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C'é vento, stanotte.
Stanotte il vento scardina i miei pensieri.
Li rincorro, cerco di afferrarli come fa un bambino
con le rugginose foglie d’autunno.
Ho voglia di sole, della tenerezza, del calore
di una stagione che da troppo tempo manca.
Ramazza con decisione e porta via con se
le scorie del vivere quotidiano.
Ha portato via anche le paure ed i timori
che sopraggiungono nell’inverno della vita.
Domattina sarà tutto più terso, limpido.
Mi rigiro nel letto, trovo una carezza sui capelli
Forse un refolo indisciplinato, chissà
ha tolto la polvere ai sentimenti.
Le mani rincorrono le mani, si intrecciano.
Domattina sarà dolce svegliarsi.
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Stanotte vado a pescare
ho stracciato i miei pensieri in tanti piccoli, minuscoli pezzettini
ho gettato i coriandoli delle mie angosce nel canale sotto casa
mi sono fermato ad ascoltare il motore dei pescherecci in partenza
hanno galleggiato a lungo nello scuro dell’acqua del canale
ho atteso invano che il mulinello li inghiottisse, niente da fare
sono rimasti lì, fluttuanti, irrispettosi e vendicativi frammenti
di pensieri notturni indesiderati e stancamente abortiti
ho chiesto un passaggio ed ho preso al volo il peschereccio
stanotte lascio che le mie angosce affoghino nelle acque del porto
su un battello chiamato "poesia" vado a pescare, non aspettatemi
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Tanti piccoli soldatini
Ricordo il mio nome, il numero di matricola che pazientemente mia madre aveva ricamato su mutandine, magliette, asciugamani e le poche cose che la piccola valigia poteva contenere. Il treno che da Milano portava alla colonia era stracolmo di bambini, ragazzini urlanti, vocianti ed eccitati per l’esperienza nuova o l’agognata vacanza. Era una Milano del primo dopoguerra quella che il treno si lasciava alle spalle e tutto intorno ancora aveva il colore, il sapore di un periodo appena trascorso. Il viaggio in verità era assai breve: meta la Liguria, destinazione Chiavari, precisamente la colonia Leone XIII, fulgido esempio delle politiche sociali del ventennio passato. Che volete che importi, che volete ne sapesse un bimbo di 6 anni, mentre incolonnato con altri 100 attendeva di presentarsi all’appello e al controllo medico? Seguendo la suora di turno che impartiva ordini come un caporalmaggiore arrivai finalmente a destinazione e si compì così la mia iniziazione: divisa, schedatura, visita e purga di rigore, non si sa mai, il cambio d’aria... Ricapitoliamo: il numero di matricola ce l’avevo, la divisa pure, schedato ero schedato.. la purga aveva fatto effetto…un perfetto piccolo soldato. Che volere di più? “Signore….signore…” la voce gentile di un’infermiera mi svegliò da quel sogno fatto ad occhi aperti mentre attendevo il mio turno per la consueta visita di controllo. Mi guardai attorno e pensai: tutto era cambiato per rimanere tutto come prima. Tanti piccoli soldatini.
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Nessun dolore
nessun dolore, andava fatto.
staccai la spina e la lasciai
regalandole così una dolce morte
seduto, le braccia conserte,
guardavo con indifferenza
il cadavere del nostro amore
malato ormai in fase terminale
nessun rimorso, nessun rimpianto
altri chiameranno eutanasia
recidere per sempre un amore finito
io la chiamai liberazione
nessun dolore, andava fatto
e tu potevi almeno dirmi grazie…
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Appunti di viaggio
Sono appena rientrato dal consueto viaggio cui il mio datore di lavoro periodicamente mi obbliga. Come il solito l’impegno è stato portato a termine con scrupolo e professionalità: i siti visitati non presentavano anomalie o variazioni significative. Il cuore pulsava regolarmente e non vi era alcun sintomo di rigetto dopo l’ultimo trapianto. L’anima era al suo posto, benché tuttora sofferente per le ferite non ancora cicatrizzate. Tutto mi è sembrato terribilmente normale. Solo mi chiedo: questo mio continuo viaggiare dentro me stesso mi viene retribuito con una diaria normale o c’è un’indennità come inviato speciale?
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Apnea
ora finalmente posso respirare, l’aria è più tersa
le macerie del passato ostruiscono ancora la via
la polvere alzata dalla frana dei ricordi si è diradata
l’anima sta terminando i lavori di ristrutturazione
e il cuore batte di nuovo, potente come una ruspa
appoggiato ai miei pensieri così rimessi a nuovo
osservo il battito costante che sottolinea il respiro
nuove emozioni completeranno la metamorfosi
come un serpente indosserò una splendida livrea
dimentico del tempo, fino alla prossima apnea
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Un altro giro di pista?
Fermati.
Che senso ha continuare la corsa
ora che sei arrivato alla meta?
Il nastro del traguardo sventola ancora
come un trofeo appuntato sul tuo petto.
Non ha importanza l’ordine di arrivo.
Non serve misurare il tempo impiegato.
Hai partecipato alla gara, perché insistere?
Fermati ora, respira.
Se solo le gambe ubbidissero…
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Permette signora?
Eskimo color militare comprato a poco prezzo alla bancarella della “ Fiera di Senigallia” a Milano in Porta Ticinese, jeans Levi’s rigorosamente originali, Zippo nel taschino per accendere la Marlboro necessariamente di contrabbando, ed eri pronto per il tuo debutto ufficiale nei mitici anni ’60. La periferia di Milano mano a mano si riempiva di immigrati venuti dal sud in cerca di lavoro e del “miracolo economico”. Sedici anni o poco più, che ti fregava di tutto questo? Troppo giovane per aver vissuto veramente la guerra e per poter godere dei vantaggi che quel tempo offriva. Tutto allora ti sembrava a portata di mano, bastava allungarla…Come al cinema, quando cercavi conquiste facili e trovavi solo vecchie carampane in cerca di giovani emozioni. La domenica quando eri in “grana”, (ossia tuo padre mosso a compassione ti aveva allungato un paio di mille lire), facendo collette tra gli amici provavi l’emozione della variante trasgressiva alle feste in casa: andare a ballare in qualche balera dei paesi limitrofi rubando la bici al “prestinée, ” (fornaio) e mentendo spudoratamente sulla tua età all’ingresso della sala da ballo. Cercando di assumere aria da vissuto “playboybagninoriminese” alla Piero Focaccia, cercavi di rimorchiare robuste contadinotte paralizzate sulla panca ai bordi della pista da ballo: “Permette signora, mi guarda da un’ora vuol dir che stasera si é accorta di me… Balla? No! Sono impegnata…." Mitici anni ’60!
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