Ricordo il mio nome, il numero di matricola che pazientemente mia madre aveva ricamato su mutandine, magliette, asciugamani e le poche cose che la piccola valigia poteva contenere. Il treno che da Milano portava alla colonia era stracolmo di bambini, ragazzini urlanti, vocianti ed eccitati per l’esperienza nuova o l’agognata vacanza. Era una Milano del primo dopoguerra quella che il treno si lasciava alle spalle e tutto intorno ancora aveva il colore, il sapore di un periodo appena trascorso. Il viaggio in verità era assai breve: meta la Liguria, destinazione Chiavari, precisamente la colonia Leone XIII, fulgido esempio delle politiche sociali del ventennio passato. Che volete che importi, che volete ne sapesse un bimbo di 6 anni, mentre incolonnato con altri 100 attendeva di presentarsi all’appello e al controllo medico? Seguendo la suora di turno che impartiva ordini come un caporalmaggiore arrivai finalmente a destinazione e si compì così la mia iniziazione: divisa, schedatura, visita e purga di rigore, non si sa mai, il cambio d’aria... Ricapitoliamo: il numero di matricola ce l’avevo, la divisa pure, schedato ero schedato.. la purga aveva fatto effetto…un perfetto piccolo soldato. Che volere di più? “Signore….signore…” la voce gentile di un’infermiera mi svegliò da quel sogno fatto ad occhi aperti mentre attendevo il mio turno per la consueta visita di controllo. Mi guardai attorno e pensai: tutto era cambiato per rimanere tutto come prima. Tanti piccoli soldatini.
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