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blog di Franca Figliolini

I come Iato

 Tra chi parla e chi ascolta
c'è lo iato dell'aria che vibra.
 
 
Solo il gesto annulla la distanza
- la mano che carezza
la bocca che bacia.
 
 
Tutto il resto è illusione,
specchio, rappresentazione.
Riflesso di riflesso.
 
 
 

Un piccolo "me" azzurro

 -C'eravamo conosciuti tramite Internet, in un sito che frequentavamo entrambi. Ben presto le chiacchiere da amici che facevamo si erano impregnate di una forte tensione erotico-sentimentale, ma la distanza fisica (parlo di centinaia di chilometri) che ci separava consentiva un distacco sufficiente a non farsi travolgere.
Poi una volta, per lavoro, andai in una città vicina alla sua. Ci sentimmo al telefono, ma io nicchiavo ad incontrarlo. E lui allora, invece di dire:
-Sai cosa ho pensato? Ho pensato: «Vado lì, e mi metto da una parte, così almeno la guardo di nascosto»,
disse:
-Sai cosa ho pensato? Ho pensato: «Vado lì, e mi metto da una parte, così almeno mela guardo di nascosto».
Ecco, quel me sprigionava una tale tenerezza, una tale dolcezza, che mi ha innamorato. Un momento prima di quel me era uno che mi piaceva, un momento dopo era il mio amore.-
 
L'aereo stava sbarcando a Bruxelles e lo "sciogliete le fila" dello steward sembrò concludere la storia di questa mia occasionale compagna di viaggio che infatti si riscosse e cominciò a raccogliere le sue cose.
Mentre ci preparavamo e attendevamo l'apertura del portellone pensai a quale forza è racchiusa nel linguaggio, se un monosillabo basta a far innamorare una persona! Ora, ci si potrebbe dire che se lui non avesse usato quel pronome personale lei si sarebbe innamorata lo stesso, che cercava solo una scusa per lasciarsi andare. Ma non è così. Nelle parole che scegliamo c'è una forza, una significanza: esse interagiscono le une con le altre e creano uneffetto di senso (*).
Quel piccolo me significava - o almeno, così venne percepito nel contesto - che lui non voleva solo controllare che lei corrispondesse alla sua immaginazione ed eventualmente saltarle addosso, ma che il solo vederla di nascosto sarebbe stata per lui fonte di consolazione e di appagamento. E come non innamorarsi di uno che ti dice una cosa del genere?
-E come andò a finire?- chiesi prima che lei sparisse alla mia vista.
-Non è finita... dura da qualche anno ed è come fosse il primo mese... anzi, meglio-
 
Fine
 
(*) il concetto di significanza è stato introdotto da Michel Riffaterre, profeta dello strutturalismo francese negli Stati Uniti.

H come Habitat

 vedrai la luce nello sguardo
come riflesso di questa pietra levigata
che muta
allo scorrere ampio delle nuvole
accerchiata
dalle cicatrici dell'iride
 
 
-ah potenza dell'assenza-
 
 
persino un paramecio ha il suo habitat
non tu
no tu non trovi requie
se non in quel momento spalancato
quel volo planato
dimentico di sé
ma consapevole delle correnti ascensionali
 
 
sai allora qual è l'origine della spirale
ma finita la spinta
lo scordi
e impietrisci nel dubbio
 
 

Ah questo maggio

 ah questo maggio
di pioggia e d’inganni di sole
maggio d’assenza di maggio
 
avrei voluto mare adesso
e onde
disegnare orme parallele
sulle sabbia
camminando vicini
assorti
il corpo aperto alla luce
e tu che mi racconti
ci saremmo sfiorati
consapevoli della complicità dei corpi
e avrei alzato il viso a guardarti
scansando i capelli smossi dal vento lieve
 
un idillio gentile e intenso
come una carezza d’amore
per noi due, a maggio
 
 
 
 
 

Il treno

- Che bel sorriso luminoso ha in questo momento, le dice l'uomo di fronte, con cui finora aveva scambiato solo banali frasi di circostanza. Lei rimane basita, non sa che rispondere, quando lui aggiunge - pensa al suo amore?
Ancora più incredibile, riflette lei, e improvvisamente decide di rispondere. Perché no?, si dice. Non lo vedrò mai più, scomparirà dal mio orizzonte fra poche ore, non appena sarò scesa dal treno.
Lui la incalza, chiede - l'ho messa in imbarazzo? E lei raccoglie la sfida, e guardandolo negli occhi, nerissimi, luminosi e belli, risponde - no, non pensavo al mio amore, pensavo ai miei amori.
- Usa il plurale?, replica lui, con tono ironico.
- Sì ho usato il plurale, ribadisce lei, ma stavolta abbassando lo sguardo, perché non vuole che lui la veda troppo sfrontata, pensi chissà cosa, quando non c'è niente da pensare. In fondo non c'è nessuno più fedele di lei, solo le capita di innamorarsi e quando si innamora di qualcuno, non smette mai di amarlo.
- Ma non le sembra un po'adolescenziale, questo plurale? Quando avevamo diciotto anni, allora sì si diceva che l'amore non ha limiti, che non è una torta che se si divide in più fette ne tocca di meno a ciascuno.
Pazzesco, pensa lei, e glielo dice - Lo sa che ha usato esattamente le stesse frasi che usavo io all'epoca a cui si sta riferendo? Comunque no, non mi sembra adolescenziale, mi sembra vero.

E' qui

 È qui la forza del verbo:
se dico ti amo diventa vero l’amarti
Dell’indefinita collezione di significati che il segno porta in sé
una necessariamente s’invera
 
            perché l’amore mi trabocca
            ed è per ciascuno
            ed è sempre verità
 
è amore il canto che mi trasuda dai pori
 
                -essenza profonda
           liquida traslucida essenza-
 
 
 
 

Insonnia

 solo la luna illumina la strada
a cascate d’argento in pozze fonde
 
parole a fiotti a mucchi a litanie
perturbano l’alfabeto greco delle onde
 
-come uno stalker cerco il passaggio
stretta tra segni e significati-
 
poi me ne sto lì
a spenzolare nel vuoto
 
nel precario equilibrio
d’un baricentro immaginato
 
 
 

G come Gioco

 oh sapere ancora
l'abbandono del gioco
da bambini
 
 
essere biglia tra le biglie
madre di una bambola
soldato tra i soldatini
 
 
correre a perdifiato
coi capelli sciolti
giù per quella strada
 
 
passare in un momento
dal pianto al riso
- come per incanto
 

F come Felicità

le voci dei bambini in strada
che giocano
correndo senza fiato
negli spazi sempre più ristretti del cortile
 
 
quell'improvvisa nota che vibra
perfetta
ineludibile
in una cantata di Bach
 
 
un gesto d'amore inatteso
come la carezza nello sguardo
di uno sconosciuto
incontrato per caso
 
 
quel tremolare della luce
al mattino
prima che il sole esploda
e che la notte muoia
 
 
il battito d'ali di farfalla
sulla corolla del fiore
aperta, spalancata
che s'arrende con gioia
 
 
- qualcuno la chiama felicità
 
 

Andavamo così

                  Andavamo così
da un dove a un altro dove
senza passare per il perché
nella fragile tregua del sogno
dietro alle palpebre chiuse

             La strada era bianca
un languido susseguirsi di curve
nel paesaggio inondato di sole
un nastro di virginale bellezza
deserto di passi e presenze

            Ridevamo e parlavamo
noi due camminando vicini
la testa girata a guardarti
i capelli mossi dal vento
dolce brezza nutrita d’essenze

           Ah, che  perfezione qui
-dove si è senza pagare pegno-

 

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