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blog di Franca Figliolini

M come Mediterraneo

Davvero lo conosci ancora questo mare?
- il mar bianco di mezzo,
come lo chiamo io che vengo da sud
e lo sto attraversando a fame e sete
insieme ai miei compagni affastellati,
con l'odore della paura e del sale
di notte nel buio.
Com'è diverso dal ricordo d'infanzia,
dal tiepido bacino che ci ha accolto
- io su una sponda e tu sull'altra -
accomunati dai giochi e dalla luce.
Com'è diverso dalle storie che ho letto
di rotte millenarie attraverso i flutti,
di eroi epici guidati dagli dei,
di commercianti avidi ed intrepidi.
Adesso è solo una distesa di solitudine
aspra, spaventosa, pronta a inghiottire
me e i miei compagni sventurati,
che non saremo seppelliti
e non troveremo requie
qui, nei fondali del Mediterraneo.
 
 
 

Mi chiede - come sta?

 Mi chiede - come sta?
E vorrei rispondere
- io non sto io non vivo
sono presunta
ho gli occhi che ardono di un'altra luce
 
 
eppure sorrido e dico
- abbastanza bene grazie
e gli parlo dell'ultima notizia della nuova legge
lo faccio adeguatamente rispondo
in modo consono ed arguto
 
 
quando me ne vado pensa
- che donna intelligente
mentre io torno a scontare
l'inesauribile condanna
per aver taciuto
- ancora e ancora
 
 
 

L come Luce

 Tracima la luce
invadendo la stanza
 
 
una lenta penetrazione
dell'essenza
 
 
finché ogni cosa
-ciascuna cosa-
non è disvelata.

Dell'identità sul web: spunti di riflessione

  Uso internet da molti anni, ma sono a contatto con l'aspetto sociale - o "social", come si ama dire - del web da un anno circa. Non conoscevo questo mondo. Sto imparando ora. Sono perciò molte le domande che mi pongo e che forse ad altri, più "navigati", appariranno ingenue. In tal caso, scusatemi...
 
a)
chi sei?
sei chi sei?
sei chi vuoi essere, almeno?
 
b)
Giovanni, marito di Francesca, un giorno trova un manoscritto in un cassetto. Sotto forma di diario, vi vengono descritte le molteplici avventure amorose di una tal Giulia. Giovanni ravvisa in Giulia sua moglie e l'accusa di tradirlo. Francesca tenta di spiegargli che si tratta solo di un romanzo che stava scrivendo, ma lui non le crede e le fa una serie di scenate terribili, ingiuriandola a morte, mettendole contro i loro tre figli etc.
La sua reazione è talmente violenta e spropositata che Francesca comincia a chiedersi se lui non voglia solo prendere la palla al balzo per lasciarla. Il sospetto la rode al punto che incarica un suo amico poliziotto di prendere informazioni. Questi segue il marito di Francesca e scopre che, col nome di Giuseppe, Giovanni ha una vita parallela: un'altra casa, un'altra moglie, un altro figlio, persino un'altra suocera che vive nella stessa casa...
 
NB: questa è una storia verissima, che fa parte del mio vissuto familiare. Ovviamente, ho cambiato i nomi :-)
 
c)
In bioenergetica - un tipo di psicoterapia - c'è un esercizio per capire, da come respira nel pronunciarlo, quanto profondamente una persona senta proprio il suo nome. Il nome è l'identità? Forse che una rosa etc. etc.?
 
d)
Che relazione c'è tra nick e nome? Nel suo significato letterale un nickname è un soprannome. In alcune comunità, il soprannome è quello che meglio identifica la persona. Ma sul web?
 
e)
Usare un nick può rispondere ad una esigenza. Tipo: sono una donna e scrivo poesie erotiche, ma non voglio che da questo si desuma che sono disponibile al sesso sfrenato e comincino a tempestarmi di telefonate o peggio.
Ma mi dicono che ci sono persone che usano diversi nick, tutti con personalità (identità?) diverse. Che vuol dire questo? A che serve?
 
f) ????
 
 

Favola

 così tacemmo. lasciammo che il silenzio
s'infiltrasse nelle crepe delle ore.
scavasse distanze e rifinisse lo sguardo
come il vento la pietra.
 
di quale peccato mai, è questa l'espiazione?
- chiese lei abbassando gli occhi,
ma la voce si perse nel fremito dell'aria.
così ristette, immobile, sull'orlo di un singhiozzo.
 
un nibbio reale prese il volo da un picco lontano.
lo vide avvicinarsi, curvare e planare
sorretto dall'invisibile.
 
e anche lei sognò d'avere forza d'ali
e piume timoniere
per saper veleggiare così, dimentica di tutto.
 
allora il nibbio le si avvicinò
- il peccato non esiste, le disse cantando.
e lo ripetè più volte, in mille e mille lingue.
 
lei, che già lo amava per la sua natura di rapace,
sorrise dolcemente e si voltò piano.
- non ho ali, ma ho gambe per camminare,
si disse, inoltrandosi sul sentiero verso la pianura.
 
così dopo passi, passi ed altri passi,
dopo dossi, tornanti e infiniti incroci,
giunse all'ampia valle verdeggiante ed ubertosa
e si sdraiò all'ombra del grande albero
 
tra i rami mossi dal vento la luce filtrava quieta,
riempiendola di dolcezza e amore.
lei seppe che era quello il posto,
rise a lungo, e cominciò a danzare.
 
:-)

ADP

Al mio gemello, Max Pagani, al quale ho rubato
 
di sana pianta la frase finale di Yarik in ADP1 e il bel
dodecasillabo che fa da titolo e da chiusa a ADP2 .
 
E a Daniele, il mio Yarik...
 
ADP1
 
   Yleana si svegliò all'improvviso. Non c'era nessuna luce. Istintivamente allungò la mano per toccare il corpo del suo compagno, ma incontrò solo il freddo del muro di metallo. Si trovava in un letto singolo. Ma come diavolo...? Scosse con forza la testa, come si fa con un vecchio strumento che non funziona a dovere e finalmente ricordò. Era in missione, un'altra volta. Si sentiva un po' stanca di ritrovarsi in luoghi sconosciuti, ma tant'è. Era il suo lavoro, il suo dovere, non poteva farne a meno. 
 

Si alzò con calma, con la consapevolezza di non sapere ciò a cui sarebbe andata incontro, là fuori. Fuori... Nella stazione orbitale in cui era nata e cresciuta il fuori era letale e magnifico. La danza delle lune intorno al suo pianeta originario, ormai ridotto ad un deserto inabitabile, era uno spettacolo di tale bellezza da essere quasi insostenibile. Per questo i globi visori erano quasi sempre chiusi. Solo gli innamorati, essendo già a contatto con l'infinito, li aprivano, ed anche lei l'aveva fatto quando aveva conosciuto Yarik. Yarik... chissà che starà facendo adesso. Lontano migliaia di anni luce da lei.
 

Gli Anziani non avevano mai rinunciato all'idea di trovare un altro pianeta dove andare a vivere, dopo che avevano distrutto quello in cui erano. All'inizio, era parsa un'impresa impossibile. La svolta erano stati i balzi spazio temporali. Venne creato il corpo degli esploratori, di cui lei faceva parte. Cercavano un pianeta simile al loro, anche abitato: l'inserimento di ciò che rimaneva della loro civiltà non avrebbe comportato troppi squilibri, purché gli abitanti non fossero troppo diversi morfologicamente. Erano appena un migliaio, a vivere nella Stazione. Erano tutto ciò che rimaneva di millenni di storia.
 


Racconto

 
tutto, tutto avviene in lui. conchiuso.
non chiede, non parla. non sa.
lui, che quant'altri mai possiede il dono della parola.
e lei guarda. guarda i segni e li studia.
neri su bianchi che si rincorrono.
disegnano trame d'incomparabile bellezza.
e dietro dietro dietro o forse di lato o altrove
l'immaginazione corre e
s'arrovella e implode.
 
e su tutto la tensione del silenzio.
il non detto. il sottaciuto.
il punto messo per interrompere il flusso.
 
«sarò. sarai. non saremo. mai.»
ah! quanto più dolce il silenzio. la resa al sogno.
lei vive e muore ogni notte.
 
tutto è poco. tutto è niente. una volta è nessuna volta.
 
non si apre nessuna porta. non si spalanca nessun abisso.
si tace, si aspetta, si sta.
 
 
 

Non è successo niente

Stamattina è tutto in ordine. Come se niente fosse successo, come se me lo fossi sognato. Me la immagino mamma mentre puliva tutto, raccoglieva da per terra i cocci dei piatti che erano volati, toglieva le macchie di cibo che costellavano il bel pavimento del salotto.
China, le lacrime trattenute, le mani che scostavano dal viso i capelli sfuggiti al fermaglio. Ancora vestita da sera, come sempre si veste per la cena. Perché lei vuole che tutto sia bello, comme il faut.
Beh, stavolta sarà stato relativamente facile, pulire. Almeno non c'erano schizzi di sangue. Niente impronte sanguinolente sulla tappezzeria damascata, nessun taglio sulla seta delle tende.
Certo, nel ripulire avrà dovuto buttare quel bel quadretto schizzato di vino, quel centrino a tombolo talmente sporco da essere impossibile il pensare di smacchiarlo. Ma sono quisquilie. Effetti collaterali.
L'importante è che sia tutto in ordine.
 
E poi, forse ho davvero sognato. E non è successo niente.
Io sto bene, e tu come stai?

Guardami

 guardami
avvolgimi di braccia e mani
perché io sono qui
adesso
e non altrove o quando
 
                          sia marea l'amore
                          sia liquido confine che si sposta
                          e invade
 
                          infiniti cicli finiti
                          che ci vincolano all'essenza
 
 
 
 

Ciàt

 credimi - dice
o scrive
o quel che è -
credimi
 
e non so il suo nome
né la forma delle sue mani
né come gli si arriccino i capelli sul collo
o se ne abbia
 
Io, che di credenze ne ho solo due
 
-una in cucina ed una in salotto
antiche però, della nonna
di legno vero
(e anche questo bisogna specificare)-
 
sospiro dicendo - e sia, ti credo
 
e viviamo felici e contenti
fino al prossimo cambio di nick
 
 
 

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