blog di davedomus

E’ tutta la notte che il mare parla,
frasi arrotolate in onde salate
giungono ai vetri opachi.
Il fioco lume che la strada ritorna

Ancora muta la campana
raggomitolata e paziente l’attesa,
tutto è lento nell’incedere
del mio tempo curvato a spirale,

Per te che vivi nelle ferite della sera
con lo sguardo confuso nella nebbia
tu che scambi il nero col buio
le ombre con le braccia protese

A stento trattengo lo sguardo.
Ti cerco nel manto gelido al mattino
nei cristalli torniti dall’inverno
tra le gocce intrecciate

Nasce in tondo
poi si piega
si spezza e si contorce
di giorno in giorno
s’attorciglia il fil di ferro
nelle sue forme una vita.

Quel che resta della sera
è un cuscino di nuvole rosate.
Il lampionaio del bosco
accende lucciole e stelle
mentre lì, dove gli alberi affondano

Aggrappato alla costa di quel colle
graffiava il vento ferito che gemeva
le sue spine eran fitte e in corolle

Alla porta il vento incerto.
Eppure niente è fuori
tutto è dentro.
 
Supposta luce
nero comodino
sfibrato riposo

Sottile è la linea del tuo volto 
attende disegnata sulla riva.
M'accorgo, inciampando su un verso,
affondando in una sabbia di frantumate parole,

Città viola
dove cresce (nascosto)
al fango delle pozzanghere
un giglio che ha voce di pioggia.
Arde il cielo
nelle nuvole pugnalate al tramonto.