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Memorie E Analogie: La Donna BIanca

L’ora era tarda.(l’ora e l’allora… pessimo accostamento! E una via non veglia! Fai vegliare i muri della via, al limite! O i cani! O gli alberi!)
L’allora via D’Annunzio vegliava sul sonno delle poche famiglie agglomerate ai suoi lati.
Una folata d’aria insita e misteriosa bussò al numero 3.
Onil, non foss’altro che per il fastidio, si rese conto che il rumore proveniente dall’anticamera non apparteneva all’emisfero onirico, ma era una vera e propria realtà.
♪Braccia penzolanti lungo i fianchi♪
Il vecchio si trascinava pesantemente verso l’ingresso. L’azione sembrava infinita in una dimensione spaziotemporale del tutto finita.
Pochi secondi.
Incurante dei vari perché e percome, Onil aprì la porta, quasi fosse una normalità la presenza di qualcuno a quell’ora della notte ed in quel determinato periodo
“C’è Elisabeth?”
esordì la donna. Estremamente bella, archetipo della donna angelo acclamata e descritta nei classici, musa ispiratrice di arte e pensiero; capelli ricci e aurei le contornavano il viso corteggiandone gli zigomi, e lo sguardo spettrale si irradiava con diafano inganno di occhi verdi. La cute rischiarava l’ombra della notte con il suo biancore candido e fantasmagorico, di completa assenza cromatica, esangue… Irradiava un’aurea limpida e tersa tutt’intorno.
Lei sapeva…
Portava un lungo vestito opalescente, anch’esso di lucentezza vitrea. Non si intravvedevano i piedi, sembrava aleggiasse nell’aria. Leggi tutto »

Enea a Didone

 

Ci sorprese la pioggia, ricordi?

Avevo negli occhi l'incendio della mia patria distrutta
ed il tuo cuore piangeva il talamo con i suoi geli
forse per questo la grotta ci spinse ad obliare il dolore
per risentirci viventi con tutta la forza d'amore.

Dopo volevi tenermi per sempre accanto da sposo
ed io non compresi che senza di me meglio morte
all'alba sciolsi le vele a settentrione puntando
così decise la Dea forzandomi a seguire la Sorte.

La promessa del mare

Luniloquio

 

Anche stasera t'aspetto dopo il tramonto
sperando che non t'oscuri la nube a dispetto.

Luna, sorridi?!
Ti sembro fuori del tempo?!

Non io, gli altri lo sono:
quelli che si dicon poeti
se gridano e sprezzano il mondo
gli stessi che crudi amplessi
magnificano al posto d'amore
e tronfi per critici amici
si fanno un punto d'onore
di ritenersi sublimi
cercando la trasgressione.

Sai, io me ne sto a riva
osservo il fiume del tempo
la luce alternarsi con l'ombra
e attendo ogni notte il momento
del sogno per darti parola.

 
Sorge la Luna

 

Una fantasia

 

Facciamo l'amore come ricci.

Sorrido al pensiero nell'appagamento del dopo.

Non siamo divi da basico istinto
ma piacciono gli stuzzichini
servono per fuochi più accesi
e poi come stimola il ghiaccio
proprio lì a calma del morso.

Ricominciamo? Mi dici.

Facciamolo è troppo bello!

Conviene mia cara fermarci
ai giovani amare è permesso
e degli amplessi vantarsi
dei vecchi fa scandalo il sesso
pensati avvizziti già morti.

 
Le rosse bacche della rosa

 

Quella dolce ossessione chiamata poesia

 

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.
Come l’estate che mi conduce al mare
così questa foschia
dolce nebula che m’aleggia intorno
sulle brune zolle m’accompagna.
 
E’ lì che nascono le poesie
sui silenzi profumati
dell’opalescenza incerta del cammino
fragili germogli che carezzano il sentire.
 
Sorrido
penso e sogno in rima
e intanto intono
i ritornelli stonati della vita.
 
Dolce è quell’ossessione delicata
come finestra spalancata sul respiro
tra un fare e il successivo
di luce espande il mio sorriso.
 
Carezza amata
ossigeno della mia vita
che aggiunge sogno al sogno
alleggerendo la pesantezza del riscontro.
 
tiziana mignosa
09 2009

 

Avvicinarmi e specchiarmi

Sarei potuto cadere
il nastro immobile
giù, frastagliato e fumante
come una sega eterna
tra coste d’abeti
avrei potuto avvicinarmi
e specchiarmi
quell’astro d’argento passante
sarebbe stato
là, ad un metro
un punto preciso

Un momento difficile

Sono tanto stanca.
Non è quella stanchezza fisica che tonifica e predispone ad un sano riposo.
È una stanchezza morale. Il cervello si rifiuta di pensare e tende a voler dimenticare.
Devo, voglio difendere questa mente che è rimasto il mio unico bene.
Gli scaffali che cerco per depositarvi i miei pensieri e ritrovarli nel momento che li desidero, posso solo collocarli nel mio cervello e se esso non li vuole ricevere resto veramente senza più un posto tutto mio.
Perdere tutto, saper rinunciare a tutto, l’ho già fatto ma non posso rinunciare ai miei pensieri alternando chiarezza e vuoti, mi impressiona troppo, preferirei non più vivere.
Il mio unico e solo desiderio in questo momento è il bisogno di stabilità.
Di essere abbandonata da questa compagna di strada che, da qualche tempo, affianca la mia esistenza e che si chiama PROVVISORIETA’.
Vorrei non provare più quella sensazione di provvisorio che non mi permette di dare un ordine alle mie cose come pure ai miei pensieri.
Camminiamo insieme come due compagni inseparabili che non si amano ma convivono e la mancanza di coraggio di queste due esistenze fa si che non riescono a staccarsi.
Sento come se a questa provvisorietà mi ci fossi affezionata tanto da non riuscire a starne lontana.
Ma ora veramente comincio a provare disagio, stanchezza, desiderio di essere abbandonata dall’incertezza del poter vivere.
Questo abbandono richiede uno sforzo di volontà che più non posseggo. Sarà quindi duro, sofferto ma necessario per alfine riunire le mie idee, i miei ricordi.
Poterli collocare in un posto tranquillo, sicuro, non più soggetti a spostamenti e riordinarli in nitidi scaffali, evidenziati tutti a me di fronte per poter attingere da loro e con sicurezza ritrovarli là dove li appoggio. Leggi tutto »

sinfonia del lavoro che non ho (primo movimento: andante con variazioni)

untitled - 2004 - paul freidin
 
Ho perso il lavoro che avevo cinquantotto anni. Due anni fa. In questi due anni ho cercato di trovarne un altro, ma nisba, nessuno se l’è sentita di utilizzarmi in qualche valido o invalido progetto. Eppure ho sempre lavorato di grande entusiasmo, potrei ancora essere utile, ma niente da fare, tutti a far grandi sorrisi, promesse, niente di più. Ho capito che per me sarà difficile riprovare l’ebbrezza della busta paga. Ho lavorato per anni nella politica. Non come candidato o altra robaccia simile. ho solo mosso passi politici, da assunto, nel mondo delle consulenze ad alcuni gruppi consiliari regionali. Ho ragionato di leggi da perfezionare, di ordini del giorno, di mozioni, interrogazioni ed altre schifezze del genere. Poi un giorno succede che mi sono svegliato totalmente demotivato ed anzi con un certo sentore di nausea, così ho deciso di abbandonare quei luoghi. Ero soddisfatto della scelta, mi sentivo persona costruita di purezza estrema, uno che poteva guardarsi allo specchio ed inorgoglirsi per l’esistenza condotta. Una soddisfazione da poco. Sono due anni due che mi muovo a cercare un altro impegno, che sia retribuito nel giusto e che non abbia meccanismi delinquenziali. Due anni che sono praticamente a spasso e mi sto davvero arrabbiando per il fatto di aver rinunciato ad una certa comodità economica. Per me la crisi è perfino più profonda, perché le soluzioni che si prospettano ad un sessantenne sono davvero nulle. Perciò mi sono deciso a rinunciare alla dignità di uomo. Tanto sai che sforzo visto che di umiliazioni ne becco una ogni minuto.
Leggi tutto »

Per un'amica

La sposa è vestita di bianco.
nella mente la coscienza d’esser donna.
La voce trema nello scandire la promessa,
solo ieri eri bambina
ora l’anello danza sul dito.
Nei ricordi mille immagini diverse
“chissà perché si cresce”
Ma, lieve il sorriso e gli occhi bassi,
sei la sposa più dolce del mondo.

Franco

Liguria

Lirica di Vittorio Fioravanti

Ricorderò ulivi contorti
e muri scrostati
e gerani

Ricorderò barche sfasciate
e reti e lenzuola stese
sulla striscia magra di sabbia

Ricorderò strida incomprese
d'alti gabbiani
e cimiteri
arsi di sole e di mare
e scogli duri
e genti dure

Ricorderò i profili salmastri
delle tue coste
Liguria

Dicembre 1956

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