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Avvicinarmi e specchiarmi

Sarei potuto cadere
il nastro immobile
giù, frastagliato e fumante
come una sega eterna
tra coste d’abeti
avrei potuto avvicinarmi
e specchiarmi
quell’astro d’argento passante
sarebbe stato
là, ad un metro
un punto preciso

Un momento difficile

Sono tanto stanca.
Non è quella stanchezza fisica che tonifica e predispone ad un sano riposo.
È una stanchezza morale. Il cervello si rifiuta di pensare e tende a voler dimenticare.
Devo, voglio difendere questa mente che è rimasto il mio unico bene.
Gli scaffali che cerco per depositarvi i miei pensieri e ritrovarli nel momento che li desidero, posso solo collocarli nel mio cervello e se esso non li vuole ricevere resto veramente senza più un posto tutto mio.
Perdere tutto, saper rinunciare a tutto, l’ho già fatto ma non posso rinunciare ai miei pensieri alternando chiarezza e vuoti, mi impressiona troppo, preferirei non più vivere.
Il mio unico e solo desiderio in questo momento è il bisogno di stabilità.
Di essere abbandonata da questa compagna di strada che, da qualche tempo, affianca la mia esistenza e che si chiama PROVVISORIETA’.
Vorrei non provare più quella sensazione di provvisorio che non mi permette di dare un ordine alle mie cose come pure ai miei pensieri.
Camminiamo insieme come due compagni inseparabili che non si amano ma convivono e la mancanza di coraggio di queste due esistenze fa si che non riescono a staccarsi.
Sento come se a questa provvisorietà mi ci fossi affezionata tanto da non riuscire a starne lontana.
Ma ora veramente comincio a provare disagio, stanchezza, desiderio di essere abbandonata dall’incertezza del poter vivere.
Questo abbandono richiede uno sforzo di volontà che più non posseggo. Sarà quindi duro, sofferto ma necessario per alfine riunire le mie idee, i miei ricordi.
Poterli collocare in un posto tranquillo, sicuro, non più soggetti a spostamenti e riordinarli in nitidi scaffali, evidenziati tutti a me di fronte per poter attingere da loro e con sicurezza ritrovarli là dove li appoggio. Leggi tutto »

sinfonia del lavoro che non ho (primo movimento: andante con variazioni)

untitled - 2004 - paul freidin
 
Ho perso il lavoro che avevo cinquantotto anni. Due anni fa. In questi due anni ho cercato di trovarne un altro, ma nisba, nessuno se l’è sentita di utilizzarmi in qualche valido o invalido progetto. Eppure ho sempre lavorato di grande entusiasmo, potrei ancora essere utile, ma niente da fare, tutti a far grandi sorrisi, promesse, niente di più. Ho capito che per me sarà difficile riprovare l’ebbrezza della busta paga. Ho lavorato per anni nella politica. Non come candidato o altra robaccia simile. ho solo mosso passi politici, da assunto, nel mondo delle consulenze ad alcuni gruppi consiliari regionali. Ho ragionato di leggi da perfezionare, di ordini del giorno, di mozioni, interrogazioni ed altre schifezze del genere. Poi un giorno succede che mi sono svegliato totalmente demotivato ed anzi con un certo sentore di nausea, così ho deciso di abbandonare quei luoghi. Ero soddisfatto della scelta, mi sentivo persona costruita di purezza estrema, uno che poteva guardarsi allo specchio ed inorgoglirsi per l’esistenza condotta. Una soddisfazione da poco. Sono due anni due che mi muovo a cercare un altro impegno, che sia retribuito nel giusto e che non abbia meccanismi delinquenziali. Due anni che sono praticamente a spasso e mi sto davvero arrabbiando per il fatto di aver rinunciato ad una certa comodità economica. Per me la crisi è perfino più profonda, perché le soluzioni che si prospettano ad un sessantenne sono davvero nulle. Perciò mi sono deciso a rinunciare alla dignità di uomo. Tanto sai che sforzo visto che di umiliazioni ne becco una ogni minuto.
Leggi tutto »

Per un'amica

La sposa è vestita di bianco.
nella mente la coscienza d’esser donna.
La voce trema nello scandire la promessa,
solo ieri eri bambina
ora l’anello danza sul dito.
Nei ricordi mille immagini diverse
“chissà perché si cresce”
Ma, lieve il sorriso e gli occhi bassi,
sei la sposa più dolce del mondo.

Franco

Liguria

Lirica di Vittorio Fioravanti

Ricorderò ulivi contorti
e muri scrostati
e gerani

Ricorderò barche sfasciate
e reti e lenzuola stese
sulla striscia magra di sabbia

Ricorderò strida incomprese
d'alti gabbiani
e cimiteri
arsi di sole e di mare
e scogli duri
e genti dure

Ricorderò i profili salmastri
delle tue coste
Liguria

Dicembre 1956

Mino Pausa Poesie - Premesse (2)

Breve incontro

Ti incontrai al mare, poi... affogasti. 

 

 

Mino Pausa Poesie - Premesse (1)

La gioia immensa che si prova nel riflettere

Chi prima, chi dopo, tutti dobbiamo morire.

 

Fire - spirito di fuoco


Alexis, Fire, carbothelli su cartoncino, 2009

Su davanzali di carta

Ed ora
su davanzali di carta
potrei piluccare tramonti,
appendermi dritta alla luna,
 
donarmi un corpo poetico
cosparso d’ambra e di miele,
d’essenza di rosa e vaniglia.
Si sa, il bergamotto è maschile
e sono sfiorite le viole.
 
Ma i tre Re Magi, affannati,
non credono più nei cammelli,
seduti tra le dune
si fanno il conto dell’oro.
 
Allora potrei
soffiare quartine di vento
in mulinelli d’inchiostro
per smuovere il loro deserto.
 
Ma ho in dote scabre parole
fissate tra queste  rughe
e ho spilli al posto degli occhi.
 
Seduta tra le mie dune,
ho visto scappare i cammelli,
sono animali infami
e anch'io non ci credo più.
 
 
 

 

 

A Teresa

Tesoro,

voglio usare questo spazio e riempirlo con quello come altrove non potrei mai fare.
Tutto ciò che ti dico, che mi dici, resta confinato in uno spazio solo nostro; ora voglio che tutto ciò esploda quanto più ampiamente possibile.
Chi leggerà queste parole si chiederà chi siamo. Provo a spiegarglielo.
Siamo due linee divergenti che si sono incrociate.
Siamo granelli di sabbia che si ritrovano sempre e comunque uno affianco all'altro.
Siamo aria, vento, suono.
Siamo le dita intrecciate degli innamorati.
Siamo gli sguardi complici degli adolescenti.
Siamo alba e tramonto.
Siamo tutto per noi e ci bastiamo, ma non siamo mai abbastanza appagati.

Ora che tutti sanno, Teresa, io penso che ancora una volta mi trovo senza le parole giuste per dirti quanto ti amo. Ed è frustrante e terribile non averne abbastanza da dare il senso di ciò che ho dentro.

Ci proverò con carezze e sguardi e dandoti tutto quello che posso di me.

Ti amo

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