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Sguardi

Gli amori succedono
ai giorni di tramontana
divorati
nel fondo d'ampie fauci
alle alghe d'ossa
     alle parole inutili,
         fontane agganciate
                a sguardi di lato,

scintille
         affini,

recise
d’un tratto

Manuela

Dio_scuro.

 
 
Mura verticali che pesano ombra
una sull’altra
come emozioni stanche.
 
Non ho pensieri
solo sensazioni.
 
Lo specchio è un otre colmo
di acqua vecchia. Il mio riflesso suona
un violino di rughe.
 
Se non traverso l’afa
il letto non suda: sudore di cera,
appesantisce il petto
quanto un altare d’ansia.
 
Il candelabro di pena
ha una fiammella sola
e mi vibra un canto di preghiera.
 
Sono solo un uomo da un espianto di dio.

Il mercato del mercoledì delle Ceneri

Era lì, immobile, sotto il gigantesco olmo che svettava in mezzo alla piazza, incurante del continuo stillicidio gelato che le pioveva addosso.
Sorda alla cacofonia di suoni e di voci che la circondava. Piccolina che pareva uno scricciolo. I lunghi capelli neri che le coprivano il viso pallido ma grazioso dalle fossette smunte le cadevano disordinati sulle esili spalle coperte, a malapena, da uno scialle blu che aveva visto giorni migliori. Gli occhi chiari fissi in un punto lontano senza vedere nulla. Con una manina scarna stringeva al petto una scatola di legno intarsiato, con l’altra cincischiava il pizzo del scialletto, si capiva che era nervosa, quasi sull’orlo di una crisi. Accucciata ai suoi piedi, calzati da ciabattine non adatte a quella stagione pungente, una grossa borsa gonfia dalla quale spuntava un pezzetto di stoffa bianca e lucida che ogni tanto, anche a quella luce spenta, brillava come fosse accesa dai raggi del sole che ironia della sorte, quel giorno era coperto dalle nubi plumbee d’acqua.
Ogni tanto un profumo dolciastro e il forte aroma di caffè le stuzzicavano le narici e le faceva annodare lo stomaco che, per dispetto e senza vergogna, si metteva a brontolare. Insieme a quel soave profumo una voce bassa e cantilenante le giungeva all’orecchio destro: << Calda la mandorla, calda la mandorla signori!>> Leggi tutto »

What a shame

What a shame .. When even the memory of sex with satisfaction experienced at the time, it becomes sadly ...... do not know if it happened to you

di Odo Tinteri

Calzerò di baci i tuoi piedi nudi.

 
Oh, certo, i tuoi piedi nudi come un’ostia
offerta su di un sagrato di calma,
stavano ritti sul bracciolo e le dita erano rami spogli
alti sul mio capo a nascondere la promessa del tuo sorriso.
 
Bambina di quarant’anni che ridi
come quaranta bambine che giocano alle donne:
sei la somma dei colori di una gioia infantile!
E ne sei madre quanto un roseto è culto della fede nelle rose
rosa rosata del tallone che regge la tua orma
rosa bianca della sua pianta sobria.
Sfoci in un arcobaleno festoso che non si muta
come panna nel latte
o come un giuramento di vita compiuta.
E le dita si muovono infantili e ampie,
in una danza di cigni minuti.
L’aria mi ruba carezze e le dona alla culla della tua caviglia.
 
Poi, il divano è una landa di gambe che si puntano
tra gambe che pretendono dalla schiena l’assedio
e accompagnano il corpo al senso dell’ultima rosa
l’eterna rosa del mio canto
e sulle tua bocca cado, custode di una vuota faretra.
 

E vedo te

Angelo silente e bianco
nei rivoli di luna
vedo volteggiare;
e i miei vent'anni alla tua pace
adagiarsi e rifiorire
nel rincorrersi lieve,
d'ombra in ombra,
d'echi lontani e canti antichi
dal tempo nostro
disfioriti e spenti.

E l'amor mio vedo più forte che mai
riincontrar d'un fremito
nel cuore già indurito.

Fra i tuoi voli argentei
vedo un'immagine danzare:
donna non più carne,
ma oasi di luce ove
i nostri sogni fusi
continuano un bel
gioco di primavera
incominciato insieme.

Stella nova

oh! Alda
(bellissima, in Celtico)
 
Tu
ch'eri terribilmente bella
potente e fragile
pur ferita e ricucita
esplosiva sei andata
come una stella nova.
sgorgavi lava e nettare e ambrosia
morbosamente amabile
d'eros vogliosa
voce dei sensi e d'anima
quando l'amor cantavi.
mai uno sputo
uno scherno laido
anche se questo mondo
è una bettola per bravi.
hai reso il nostro poco
sopportabile
mostrandoci accessibile
il sogno che sognavi.

Un bacio in bocca

La traversata in mezzo gheriglio
                col tocco d'un dito,
quell’accidente a picco
                sul golfo d'aglio gocciante

                 ci vorrebbe un battito
una ciambella d'ananas
                      caramellata, la cinta  per te
           un bacio in bocca

spavento di pepe un po’di fumo
                     i fiori assetati il tremore
      sguardi nell'angolo in fondo
                             una caramella
il respiro rigato rientrando

Manuela

 

La voce tua

Fra tutte io la riconosco.
 
E’ onesta, la voce tua
mi fido di lei
anche quando è severa,
anche quando mi mente.
Mi attrae da sempre.
E’ suadente
convince i miei occhi a guardare oltre.
Mi tiene per mano, la voce tua
ma non mi guida,
non mi indica la strada,
mi accompagna, invece
nel mio cammino
mentre vado a casa.

Cosmogonia babilonese

L'universo babilonese e la formazione del genere umano
 
 
La cosmogonia più importante del mondo babilonese è rappresentata dal poema scritto in accadico (lingua semitica, parte della più estesa famiglia delle lingue afro-asiatiche, parlata nell'antica Mesopotamia, in particolare dagli Assiri e dai Babilonesi) “Enuma Elis” (Quando in alto). Lo scritto è stato scoperto nel 1876 tra i documenti su tavolette d'argilla della biblioteca di Assurbanipal (669 - 629 a. C.), ma indubbiamente risale a molto tempo prima, forse al tempo di Hammurabi (re di Babilonia) (1792 - 1750 a.C) o anche al tempo di Nabucodonosor (1124 - 1103) in quanto celebra la potenza del dio nazionale Marduk, assurto a tale livello dopo essere stato un dio della vegetazione, sul tipo del fenicio Baal.
Il nome Marduk deriva con tutta probabilità dal sumerico AMAR-UTUK, che vuol dire “Giovane toro del Sole”.
Marduk veniva identificato con il pianeta Giove.
           
 
“Quando in alto non era nominato il cielo

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