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Sopra San Francisco, le Nuvole

...-Ok, ok! Guarda invece da questa parte... quella che vedi là in fondo è l’unica strada con le curve che sale su una collina di Frisco. E’ un tratto di Lombard Street, se riusciamo poi proviamo a farla in macchina, non ci son mai stato nemmeno io. Quella che vedi un po’ più in là, ma più vicino a noi, con quei due campanili bianchi, è la chiesa di San Peter and Paul, è bellissima! Quelle sono le Russian Hill, vicine le Nob Hill, poi la Pan Am Pyramid, e sotto alla torre si stende Chinatown.-...
 
Nuvole
Ho soltanto nuvole, su cui scrivere parole
che forse hanno un sapore antico, ma rivesto di fiori nuovi
perché mi faccio bella di questa luce,
mentre la musica si adagia in me
per cullarmi la notte
e addomesticarla al mio sentire
 

Alle spalle dei funamboli

 
Sulle note
di
Ashram – Entry Into Ashram
.
Anche quando gioca a nascondino
dietro i fatui luccichii del tutto
furtivamente prende posto
quello che è il temuto vuoto.
 
Stridula voce
che in mille pezzi strappa il cuore
e di fare inebri allora il tempo
commedia e i suoi attori
funamboli senza talento sui fumi del pensare.
 
Tra singhiozzi impercettibili
senza intralci
silenzioso si fa strada coi sospiri
segni stilizzati
sul vetro che s’accoppia col vapore.
 
Echi di risate altisonanti
e retrogusto amaro
la porta in faccia sbattono
a quel sommesso grido
che vorresti tanto … non avere mai udito.
 
tiziana mignosa
gennaio 2010
 

Ho visto dio

Ho visto Dio
Un bambino bruno
ritto tra mille adulti
inginocchiati adoranti
corrucciato in viso
col gomito appoggiato
il mento sul palmo
sui reni del padre
chino fino a terra
In quel mare di deretani
volti al cielo che la fronte
tocca l’acconcio tappeto
m’è sembrato un burbero Dio
contrariato da tanta stucchevole
esibita devozione.
 

La casa

l'enorme casa l'accoglie
-ogni notte-
nelle sue infinite stanze
e scale e corridoi
 
stretti segreti passaggi
si aprono improvvisi
svelando spazi nuovi
altri solitari cammini
 
fantasmatiche presenze
a volte la popolano
ma lei non può toccarle
solo guardare e ascoltare
 
la casa è la sua, ma no
- non la vita che l'animava
di danze d'altri tempi
con mussole e trine
 
non ha finestre la casa
che lei possa vedere
né feritoie o pertugi
da cui l'esterno penetri
 
un labirinto dell'anima
con la danza delle luci
sui muri spogli e scabri
a indicare il nulla
 
solo a volte una porta
si apre all'improvviso
e lei ne esce bambina
in un giardino incantato
 
e ride e corre e gioca
coi fiori e con il sole
finché non s'addormenta
- e si ritrova nella casa
 

Memento

Ho deciso di non aver memoria
il giorno della memoria
per evitare di uccidere
la mia appartenenza
al nostro genere
che lontanamente è umano.

Vedo colori ancora

avevo occhi un tempo
che come fiori
sbocciavano ogni giorno
per cibarsi di sole
avevo un cuore
dai mille battiti come
un rutilante colibrì
per condividere tutti i lai
e braccia larghe
come ali d'albatro solingo
che miglia e miglia vola
per abbracciar l'amore
ora ho gambe grinze
lente di testuggine secolare
che solo al margine
mi manda del branco
eppur vedo colori
ancora.

Notti ruggenti ai Tropici

panama bianco a difendere lo sguardo
sigaro avana tra le labbra sorridenti
daiquiri di ottimo rum sul tavolino
ti sto aspettando alla Bodeguita del Medio

[adesso sarei lì se non fosse
che il volo per l’Avana è in gran ritardo
così, attendendo il prossimo volo
sto rileggendo Tropico del Cancro]

la pista della darsena è quasi vuota
tutti i gabbiani ormai son decollati
lascio la panchina davanti al molo
anche per stanotte berrò il rum da solo
 
[un panama sgualcito sul mio letto
ricorda tropici di sole arroventato
il rum di là in cucina s’è svaporato
e ormai non fumo più da tanto tempo]

 

Quello è Dio

E' una notte coi guanti di lana
appoggiata alla fontana in centro
                      s'allunga la luce del lampione
                                                           appena appena

nevica sulla chiesa
               sui cappotti abbottonati al collo

ricordo il bianco dell'abbaino
                            il crepitio che fa l'amore
e so

          che quello è Dio

Manuela
 

Venti dieci gennaio

Venti dieci gennaio
quest’erba bruciata, il gelo
che l’ha incenerita
è festa è festa, un carminio di festa.
 
Aspettammo a lungo la luna che venne
venne quando dormivamo
batté ai vetri
ai nostri che erano nudi
 
amica
nemica
così, come una notte brillante che passa
 
 
 
 

Zampa Gialla

il tuo grido acuto stanotte mi ha svegliato
come uno stridio dolente, un verso lacerato
mi sono affacciato, di  lassù c’era poca luce
ho gettato uno sguardo riconoscendo la voce

ti ho visto volteggiare, gabbiano triste e solo
un urlo di rabbia e sfida e hai ferito il cielo
a presto, zampa gialla, attendo il tuo ritorno
andare insieme a te incontro al nuovo giorno

volteggiare a larghi cerchi sopra il poggiolo
svegliare il vecchio insonne che scruta il molo
che urla alla luna attonita tutto il suo dolore
per aver il piombo ai piedi e non poter volare

 

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