Ero morto
dai, facciamo che eri morto...
così mi sono visto,
là steso sul mio letto
le braccia lungo i fianchi
il vestito ormai stretto
gli occhi sono chiusi,
ma il tratto è più sereno
(il sopracciglio é inarcato
potevo farne a meno)
la neve che incorona
la mia capigliatura
come campana suona
l’arrivo in dirittura
così, un po’ per gioco
o per sadico diletto
mi accosto a poco a poco
ai bordi del mio letto
ti scrollo con dolcezza
ma non mi sono accorto
che dici con chiarezza,
non vedi che sei morto?
dai, giochiamo…
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Ultimo antenato comune universale
in lotte che ricordano
una scherma con i peni.
Ma sebbene siamo in vena
di paragoni osceni,
la coniugazione batterica
solo superficialmente uno la associa
alla commistione genetica
nella pozza frocia
degli sperma sul ventre.
L'una va da orgasmo a organismo, mentre
l'altra il viceversa.
meccanismo che la salvaguardia
della specie si affida a tali colpi
bassi, al basso ventre, o alla
distrazione di chi abbassa la guardia.
Un po' com'è successo
davanti alla Gran Guardia, quando
cercavamo la scritta sulla base
della statua della donna
incinta focomelica
(il figlio poi è nato sano)
e in quel mentre sbirciavo un po' più in basso
e un poco più lontano, sul Listone.
riprodursi; ma anche no,
per esempio evitare di propagare
i propri fattori di trascrizione
e/o il silenzio della modificazione
dell'istone, della metilazione
dei cromosomi, in un'azione sterile, immune,
perché negarlo. Tu comunque non sei l'anello
mancante, sei piuttosto come me un altro discendente
dell'ultimo antenato comune universale.
lingua che abbiamo in comune, invece
guarda, ne approfitto
perché mi guardi a bocca spalancata,
rimani zitto, attonito, allora
ricerco la comunione delle lingue,
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Fortunatamente i giorni
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Cosa mi resta
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Non colti a distanza
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Sferruzzo
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Benzodiaze
nella biacca dello ieri
e un allarme di ipotesi
nella pace del presente
estremo vegeto onnivoro
nello sciacquio della notte
calma luce di selvaggio
e strepito su campi di parole
pallore ipnotico delle pagine
apoteosi di eventi
che svetrigliano il sonno biochimico
qualcosa
e il nulla orfico osmotico
mi abbatte
resa al naufragio
in braccio alle brume
sfrana in antri
madidi e oppiati.
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La fine
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Come una lucertola
Il bambino guardava stupito gli effetti del piccolo delitto che aveva commesso. Rincorrendo una lucertola e prendendola per la coda, era rimasto con un pezzetto della stessa tra le mani.
Sconcertato dal continuo agitarsi del moncherino si chiedeva come potesse muoversi ancora, vivere di vita autonoma, nonostante fosse ormai staccato dal corpo. “Strano, pensò, eppure quando stacco un petalo da un fiore o un’ala ad una farfalla quelli poi mica si muovono”.
Con la certezza di avere fatto una importante scoperta, si infilò il pezzetto di coda nella tasca dei pantaloncini e rivolse la sua attenzione altrove. Gli scatti nervosi del “reperto” ogni tanto gli ricordavano il piccolo misfatto, ma poi fu rapito dal procedere goffo ed impacciato di uno scarabeo verde rimasto incastrato tra le foglie. Così il pezzetto, ormai privo di vita ed inerte, rimase confinato nella tasca per tutto il pomeriggio finché alla sera, rovistando nelle tasche, venne alla luce, testimone ormai inerte dell’ innocente ed inconsapevole misfatto. Erano i giorni in cui i pomeriggi d’estate passati nei campi che circondavano la periferia della città alla caccia di lucertole o rincorrendo farfalle, contribuivano a far crescere la sete di conoscenza e la richiesta di risposte ad una domanda via via più pressante: perche?
“Bella domanda…” pensò l’ormai adulto bambino. Certo, tutte le risposte avute a suo tempo da genitori ed insegnanti erano state esaustive….ma i perché nella vita erano continuati ed ogni volta, come una lucertola, un pezzetto di vita si era staccato e, dopo un breve agitarsi, era definitivamente morto. Si guardò svogliatamente allo specchio e contò una per una le cicatrici che segnavano il suo corpo, ricordi indelebili di tante piccole “code”. Leggi tutto »
- Blog di Franco Pucci
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