Scritto da © Winston - Mer, 30/07/2014 - 07:45
U fistinu - secondo episodio
U fistinu. Così è chiamata a Palermo, Sicilia, la festa di Santa Rosalia, protettrice delle vergini.
Cade il 14-15 luglio o, almeno, l'han fatta cadere in tali date. Da chi, vi verrà narrato in seguito.
Il vero motivo per cui Vito morì e morì la sera del 14 luglio fu dovuto al caso. Ma a me piace pensare che non fu solo esso la causa, perché allora avrebbe dovuto morire almeno una settimana prima, l'otto luglio.
Fu infatti quella la sera precisa in cui pensò di potermi togliere il mio viaggio in treno. Lo so che nell'anno mille i treni ancora non partivano, né correvano, tanto che una viaggiatrice che vi fosse salita e avesse preso posto in uno scompartimento qualsiasi accanto al finestrino, dopo essersi comodamente appoggiata allo schienale ancora in legno macchiato dal tempo e avere dato il viso alla luce oltre il vetro, avrebbe visto scorrere, insieme al riflesso in ombra di esso, il colore.
Perché veramente si tratta di colore.
Un colore unico non tanto perché uniforme, perché bensì li contiene tutti.
Basta non perdere di vista il vetro, tenere il collo piegato, non abbassare le palpebre anche se ogni tanto verrebbe di farlo e ti ritrovi davanti il miracolo che avverrebbe tutti i giorni della vita.
Vito avrebbe voluto togliermi questo. Impedirmi il mio viaggio in treno:il miracolo.
Io credo che furono alcuni chicchi di segale cornuta, raggrumatisi insieme al grano e non più riconoscibili, che avevo bollito per quella sera del 14 luglio, ad evitare questo scempio.Quella la causa.
Il caso fu, invece, che capitarono tutti nella sua ciotola, quella di Vito, ma avrebbero potuto trovarsi nella mia, oltre che nella sua, oltre che in quella degli altri miei figli.
Nessuno, nemmeno Vito, avrebbe dovuto pensare di togliermi dagli occhi i miei pascoli, il volo ad angelo verso la velocità apparente dei luoghi.
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