Lo specchio rifletteva un'immagine soddisfacente, l'abito blu gli donava particolarmente e gli accessori erano stati scelti con cura. Si avviò lentamente verso la sala, con la sua relazione racchiusa nella cartella ben stretta nelle mani. Il palchetto che si ergeva al centro del salone, di forma cilindrica e completamente rivestito di panno rosso con i fregi color oro, metteva sempre un po' a disagio, sopratutto nel momento di maggior affollamento.
Aveva scelto bene l'ora del proprio intervento, appositamente per avere più visibilità, ma era un'arma a doppio taglio. Non indugiò oltre e facendosi coraggio salì sul pulpito, pronto ad argomentare e proporre nuove idee. Non aveva un quantitativo voluminoso di dati da proporre al pubblico presente, perché per lui erano importanti, sopratutto, la qualità e l'originalità dei concetti.
Iniziò a parlare e l'ansia si sciolse lentamente man mano che le parole prendevano consistenza ed in poco tempo acquisì sicurezza ed autostima. Gli applausi gli disegnarono sul viso un sorriso quasi ebete, ma non erano rivolti alla sua persona. Il palco circolare poteva ospitare tanti relatori e le mani, che una contro l'altra producevano quelle vibrazioni tanto agognate, si muovevano in direzione di una signora alla sua sinistra.
Molto elegante nella sua tunica in stile etrusco e una corona di fiori fra i capelli intrecciati e raccolti, pareva una regina......scalza?! Si accorse, nello squadrarla con invidia, che non indossava le scarpe e questo poteva essere un vezzo, oppure una necessità dettata dalla lunga permanenza sul palco, del quale era una assidua frequentatrice, per dispensare parole.
Optò per la seconda, perché era veramente brava e lui stesso, dopo aver concluso il proprio intervento, scese dal palco, si mescolò alla folla ed iniziò ad applaudire.
Alla fine non gli rimase che ritirarsi nella sua camera ed attendere le visite, sperate, per spiegazioni più approfondite del suo pensiero.
Non ricordò il momento preciso, ma si accorse di essersi addormentato sulla poltrona, col suo lavoro, scivolatogli dalle mani, sparso sul pavimento....o almeno lo supponeva. Avrebbe acceso la luce, ma non riuscì a trovare l'interruttore, il buio era quasi totale, tranne che per un timido rigo che pareva provenire dalla finestra. Si fece guidare da quel filo ed aprì gli scuri restando all'istante come cementato dallo sguardo di medusa, la bocca semiaperta, gli occhi a smarrirsi nel nulla.
Nulla, appunto, non c'era nulla.
Nessun arredo, neppure il letto e perfino la poltrona, sulla quale credeva d'aver dormito, era scomparsa come inghiottita dal grigio pavimento. Sulle pareti erano impresse le parole del suo lavoro, sparse, senza una logica di pensiero. E poi il silenzio, assoluto, gli procurò un tremito di disperazione e poi un altro e un altro ancora, finché, sommati, divennero terrore.
Gli arti inferiori scattarono verso la porta, trascinandosi il resto del corpo. Ebbe un attimo d'esitazione, poi premette sulla maniglia, aprì, fece un passo fuori dall'uscio per ritrovarsi ancor più solo.
Si rigirò verso la porta e fissò, quasi stranito, la targhetta che vi era affissa.
La cassa toracica venne scossa da vibrazioni, che subito sfociarono in una scomposta e compulsiva risata.
Sulla targhetta giallo-oro sogghignava la scritta << CAMERA DEI COMMENTI >>
Una piccola e breve onda sonora, attraversata la cavità auricolare, mette in moto il meccanismo di risveglio e mi ritrovo disteso, sul complice diurno di Morfeo, ancora incapace di essere totalmente pronto per la realtà. Faccio uno sforzo per liberarmi dai postumi di quello strano sogno e abbandono la penisola del divano, della quale prende immediato possesso il mio gatto.
Conosco bene quel trillo, causa del risveglio, così impugno il “topo” e controllo la posta in arrivo. “Questa mail le viene inviata per informarla che l'autore * tal dei tali* ha aggiunto un commento alla sua opera”
La pagina è ancora aperta, la mail ancora chiusa, mentre giro la chiave ed esco a cercare un po' di vita.
La vita può nutrirsi di poesia
La poesia deve nutrirsi di vita
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