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Vomito l'anarchia dei miei calzini sui tuoi gerani

O amico mio quanti virtuosi passi abbiamo mosso insieme travolti da profumi villani
che ci picchiavano fin dentro le narici ad ubriacarci le menti che giocavano con l’anima.
Il tempo delle rose è dietro le spalle e avanti la notte in un mattino che sbocciò tra fiori di mandorli
dove il tuo sguardo adesso sincero allora non si sarebbe destato mai al mio passaggio.
Fosse stato solo il vestito avrei capito e senza batter ciglio sicuramente avrei sorriso a labbra chiuse
lasciandoti passare affianco senza chiederti il perché di questo disagio.
La vergogna non prevalse alla domanda: chi sei se non un bieco costruttore d’anarchia?
O il pelo ti da fastidio fino a farti starnutire e vomitare i miei calzini sui tuoi gerani?
Benché la terra precipitasse vertiginosa sotto le dita dei piedi limai i tuoi calli
e più puliti nell’amicizia seppur diversi una mano in petto mi regalasti alla mia barba
ed io una cravatta insulsa e l’obbrobrio incolore al nostro amor di femore.
Non chiedermi perché la gente ride quando passo se m’ami e non ti arrabbiare se dei genitori
mi indicano ai loro figli come babbo natale quando un tempo avrei fatto guerra ma oggi no.
Adesso voglio perdermi in un semplice swing ed ascoltare i colori di Monet su terre rivalse
mentre mi accarezzi dolcemente le tempie con pennelli di bue qui.
 
Apoz< scusate se non metto virgole
 
 

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