Scritto da © Hjeronimus - Dom, 22/04/2012 - 10:36
Voja de lavorà zompeme addosso, diceva una canzonetta goliardica, ovviamente romanesca. Una volta, tanti anni fa, a Roma c’erano i lazzaroni, i 'bulli', i 'coatti'. Tutta gente orgogliosa di non essere infetta dalla famigerata voja de lavorà. Il romano faceva un vanto della sua avversione al lavoro, una specie di 'etica del lavoro' all’incontré, ove fosse morale scampare il lavoro, e non accamparlo. Avessero letto Hanna Arendt (ma quelli non leggevano nulla, e d’altro canto il leggere sarebbe rientrato nei codici di ciò che aborrivano, sarebbe stato lavoro, e quindi assurdo: lavorare per non lavorare…), avrebbero anche potuto determinare dialetticamente la ragione profonda che si poteva addurre a fronte di chi predica il moralismo alla base del lavoro. L’unica base morale del lavoro è il concetto, perché in natura il lavoro non esiste- in quanto tale esso è piuttosto una aberrazione che un compimento. Però, noi siamo l’essere, non la natura, e l’essere è concettuale e quindi morale.
Sarà perciò che ogni tanto mi viene da cantare: voja de scrive (o de penzà) zompeme addosso… Già, perch’è già noto: i verbi volano, gli scritti rimangono. Già, ma non mi 'zompa' addosso un fico secco, e in questo tirare a campare ordinario, scandito dal 'cuccù' ostinato, ripetitivo, stillicida della vita ‘quotidiana’, della vita ‘normale’, non v’è molla che tenga, né slancio, né incanti- tutto rimasticato nella 'trippa' alienante del tran-tran, nella coazione a ripetere di uno squallore estetico, essenziale, esistenziale che osiamo definire 'benessere'(e per di più in declino!), ma che non mostra che la disaffezione e il disamore di anime ghigliottinate, anime ramenghe alla ricerca angosciata di una testa e di un cuore cui aggregarsi…
Sarà perciò che ogni tanto mi viene da cantare: voja de scrive (o de penzà) zompeme addosso… Già, perch’è già noto: i verbi volano, gli scritti rimangono. Già, ma non mi 'zompa' addosso un fico secco, e in questo tirare a campare ordinario, scandito dal 'cuccù' ostinato, ripetitivo, stillicida della vita ‘quotidiana’, della vita ‘normale’, non v’è molla che tenga, né slancio, né incanti- tutto rimasticato nella 'trippa' alienante del tran-tran, nella coazione a ripetere di uno squallore estetico, essenziale, esistenziale che osiamo definire 'benessere'(e per di più in declino!), ma che non mostra che la disaffezione e il disamore di anime ghigliottinate, anime ramenghe alla ricerca angosciata di una testa e di un cuore cui aggregarsi…
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