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Slot dreams

 
 
 
Gustavo entrò al casinò alle quindici e zero-sei. Sei minuti d'imbarazzo, di aperta contesa con la moglie sui rimbalzi del telefono.
« Ti dico che non me lo dimentico; diciotto e trenta, andare a riprendere Alessia. Adesso ciao, ti saluto.»
L'umore di Vincent è sempre collerico all'uscita da scuola; non fa che bistrattare quel ruolo da supplente, lui che ha scritto una tesi su Sumner e lavorato a un saggio sperimentale sul consevatorismo nel New Jersey.
«Fanculo! Me ne frego se la mia non è una cinque porte! Posteggiamela.»
A onor del vero, si dovrebbero spendere due parole sullo stesso fattorino del Casinò Star; un riccioluto posatore che passa il suo tempo a stendere e riavvolgere i cavi della luce, chiedendo di tanto in tanto a un cliente se gli serve qualcosa da bere;
« Vodka. Anzi, no; triplo secco, con ghiaccio.»
Il medico curante aveva proibito al signor Ignazio Vitavelli, di bere qualsiasi tipo di bevanda alcolica lontano dai pasti. Ma, essendo il Vitavelli un sempre dinamico pensionato delle poste, aveva pensato di non prendere più ordini e referti da nessuno. Avrebbe distribuito lui stesso il suo tempo, come meglio credeva.
                                                              **
 
 
« Cazzo! Di già?!»
Il promemoria del telefono era stato implacabile. Gustavo sbuffò come un commediante nell'atto di bersi la sua cicuta. Pensava gli mancasse così poco; jackpot milionario, copertura totale delle linee, un senso di autentica frenesia verso un traguardo che mai come allora gli era parso così vicino.
«Eccoti cento euro; li raddoppio, se mi conservi il posto.»
«Signore...veramente...dovrei sentire la direzione...»
«Due-e-cinquanta. Dì che si è guastata la gettoniera, che i cavi sono in corto; qualsiasi cosa.»
 
 
« Vi faccio vedere io adesso... Tu!»
« Signore, dica.»
«Possibile che non esista una scambiagettoni libera?»
« Dia a me, provvederò io.»
«Centosettanta; e queste per controllare se la mia auto è ancora intera.»
Per rilassarsi sommariamente dopo ogni scommessa persa, il professore Vincent F. Laurini si richiudeva il tempo necessario in bagno, al fine di esplementare un godimento passeggero.
« Non mi trovo neanche un giornaletto qui; libri, schedari, ci fosse un riquadro di nudo...»
Gli venne in mente che, eccezionalmente, quella mattina era intervenuto a un seminario di approfondimento su Hannah Arendt. Piegò l'opuscolo che sintetizzava estratti di La banalità del male, e si concentrò sul primo piano elusivo dell'autrice.
« Meglio che niente. Togliamoci questo sfizio, Hannah; che ne pensi?»
                                                          **
 
«Penso che lei, signore, debba prima di tutto sedersi e calmarsi.»
Ignazio Vitavelli era giunto al colmo dell'assuefazione da cocktails e luci roteanti; credeva che la tigre del Safari Slot fosse intenta a zompare sul suo margarita.
« Signore, è evidente che lei abbia giocato troppo. Permetta che le faccio chiamare un taxi...»
«No! E mi tolga le mani di dosso. Ero...sono un funzionario rispettato io. Avrei potuto dirigere la sede centrale delle poste, se avessi voluto, e...a quanto ammonta il jackpot pomeridiano?»
« Seicentomila euro, signore.»
«Uh, la vacca! Posso prenderci un bungalow alle Bermuda, sistemare i miei nipoti e...farmi un'amante con lo spacco!»
«Come ha detto, signore?»
«Nulla. La lista dei vini, per favore.»
                                                        **
 
 
«Papà, siamo qui da un'ora; possiamo andare a casa, adesso?
Gustavo era incline a credere che prima dello scoccare delle otto, la sua multispin avrebbe formato il quintetto giusto; una pioggia di cashes si sarebbe insediata tra le sue mani, ponendo fine a quell'agonia da restart.
« Papà?»
« Alessia, d'accordo; fammi solo raddoppiare la puntata e ce ne andiamo.»
Vincent F.Laurini sembrava notevolmente meno agitato; aveva chiesto al responsabile di sala lo scambio di un assegno la cui copertura sarebbe stata garantita per la fine del mese.
« Sono un insegnante, e vengo da voi ogni giorno; concedetemi un po' di fiducia.»
La sua collera era esplosa e adesso non rimaneva che la puntuale verifica delle sue appesantite speranze.
« Come on, Vincent; ricordi a Paterson quella vincita di quindicimila dollari? Ti eri appena fatto Hannah Lewis;non può essere un caso, no?»
 
Anche il Vitavelli era entrato nella fase di gioco persuasiva; cercava dentro di sé un motivo più che valido per legittimare quella potenziale vincita che avrebbe, tra le altre cose, pungolato la stima che il post-pensionamento gli aveva pian piano sgretolato.
« Pensa ai tuoi nipoti...alla faccia che faranno quando li andrai a prendere in Jaguar. Pensa a Ilda, che finalmente smetterà di chiedere prestiti ai vicini. Pensa...ai tuoi colleghi, alle rimpatriate che non dovrai mai più fare; dai Jungle's Tiger, non tradirmi proprio ora...»
 
 
Improvvisamente, come un tuono che verifica le anomalie di un cielo rovente, la voce del titolare del casinò aggredì l'indolente attenzione di tutti i presenti;
«Miei cari clienti, è mio dovere informarvi che sono passate le otto post meridiem; e, come da regolamento, attiveremo le sbarre laser e le reti di accalappiamento in fibra ottica. Buon proseguimento.»
Ciascuna delle postazioni slot, venne così inghiottita dal sistema di protezione del casinò; fasci di luce vibronici accompagnarono l'avvicinamento al delicato jackpot, mentre i clienti erano indissolubilmente legati agli schermi, le braccia bloccate in una paralisi cranica.
«Papà...»
Alessia venne fatta accomodare fuori; il riccioluto posatore, rientrando, chiese il cambio con nuovo galoppino che avrebbe, per prima cosa, registrato le generalità dei clienti più insolventi.
 

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