Scritto da © voceperduta - Ven, 28/02/2014 - 12:55
Nell'interminabile
noia della pianura
incerta la neve
riluce come sabbia
(P-Verlaine)
Corde di juta legate ai fanali,
scie di un trattore confuso
che morde l'affanno là
fuori.
L'alce seduto a guardare
l'intensa andatura glaciale,
larici chiusi nella spuma
d'inverno, cantano cori di
oblique afflizioni.
Ermak sveglia la taiga
col gonfio martello a sfoltire
i cipressi, decima chiodi e la legna
per farne un capanno più stretto.
L'albore frattanto schiarisce i
contorni sul fiume Ladoga,
le pozze sommerse di fanghi
congelano la via dei castori.
Una bambina, spersa nella
trapunta nericcia, ha appena
scoperto che fiocco si dice
szegùn, che la neve sopisce, come
il grano, in un secchio di speranze
da dondolare in mano.
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