Scritto da © voceperduta - Ven, 13/11/2015 - 12:01
Le labbra di Dania, sedate, limose
poggiano avanti un giardino di more.
Lei rivolgeva un rimpianto alla culla,
ai boschi lontani su lividi impressi.
Cercare l'età in un raggiante paese,
inverdire nei sogni di muta ragazza;
scoprire la notte, le piaghe alle vene,
gli urtanti dolori nel solco di un'auto.
Le scarpe di Dania, bagnate, franose
ruotano innanzi un giardino di more.
Bambina cresciuta tra lunghe pianure,
la fuga non era un graffiante malore.
Trovare la forza di andarsene oltre,
nei dolci cespugli che abbinano luci;
sostare così, nel destato giardino,
celando dell'alba dilatate premure.
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