Scritto da © voceperduta - Ven, 13/06/2014 - 13:37
Nemmeno io so quale strada scioglie
i silenzi di una curva slargata.
Come un frullo impagliato su un nido di carta
affrescata, precorro ogni data come fosse
l'ultimo appiglio di un faraonico scippo.
C'è abbastanza ornamento, anche nell'acqua
esalata da un pozzo, ed io quando scendo dal
nido, amo scortecciare le dita tra gli avanzi
del secchio sincopato.
E, mentre la cenere notturna provvede alla ritirata
comune, io trasvolo per malinconie che hanno
anche loro ali di cera.
Fino a quando, sulla collina tendente al dirupo,
non isolo le mie mani tra edere coinvolte, che mi
offrono tempo, e visioni, per allargare oltre il ciglio
di una rupe il mio fusto di speranze.
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