Scritto da © voceperduta - Lun, 12/09/2022 - 18:04
La laurea di Damiano coinvolse parenti e amici. Tutti arrivarono in tempo, per la proclamazione e per il rinfresco promesso. La madre trasformò il suo pianto in un sorriso, non appena sentì chiamare il nome del figlio, seguito da quel voto che aveva raggiunto, così sorprendente da innescare una sequenza di bisbigli.
«Sarà sicuramente protetto.» - «Come ha fatto con quella media?» - «Bisognerebbe dirlo al Rettore…»
A casa, Damiano confessò a un cugino le sue colpe e i suoi tentativi di imbrogliare costantemente la famiglia.
«Quindi, hai messo in scena tutto? Chi erano quelle persone?»
Si trattava di gente conosciuta per strada, senza fissa dimora. Pagata per inscenare una finta proclamazione, per rendere contenti e soddisfatti i parenti che non sospettavano nulla.
«Non sei più andato alle sedute. Hai ricominciato con le dosi, vero?»
Damiano sorrise; deglutì una pasticca di valeriana, mostrandosi gioioso alle cameriere che erano state assunte per l’occasione.
«Facciamo un elogio e un applauso al mio unico figlio…felice e laureato», intonò la madre, aspettando che il marito riempisse i calici di champagne.
«Sì, eccomi. A Damiano, per i tuoi incredibili successi!»
Fu l’ultima scintilla, la più pericolosa. Damiano svenne e non si riprese più. I tentativi di rianimarlo furono soltanto dolorosi e svenevoli. Era quasi mezzanotte, quando il custode della palazzina universitaria bussò alla residenza della famiglia Molgàta.
«Ehi, vedi di farmi salire. Avevamo detto duemila, non millecinquecento.»
«Mio figlio è morto! Abbia un po’ di rispetto!» urlò il padre al citofono, fissando stancamente la corona di fiori con la scritta Cum Laude, ricevuta da ignari parenti.
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