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Un che di plastica\cassonetto

Quanto mi piace questo bar, io e te sotto l’albero del glicine
Creato non generato, umano tutto umano,
DNA di pvc e fiori rossi.

 

E questo è l’amor proprio, il più vero,
un po’ deviato quanto basta per piacere,
anarchica confidenza
per orecchie tutte chiuse in una noce ed io…
non vedo l’ora di scavarmi le tue vene,
tracannarmi un po’ di birra nell’aorta
come serpe irriverente che ti soffia nella testa

 

Dirti , dirti…non dirò niente…
 

l’amore è già un miracolo se ce n’è di qualche tipo
ci vuoi mettere anche il latte ed il leone….!

 

Che altro? i figli nel travaglio, il segno sulla fronte …l’amore eterno…la nausèe.
 

Verrà l’agnello a reclamare la sua parte,
in doppio petto ci caccerà,
ma tu non hai colpe,
è d’uomo questa volta per peccati-derivati:

 

Vomitare tutti i secoli che separano dalle ombre incatenate.....
VOMITARE TUTTI I SECOLI CHE SEPARANO DALLE OMBRE INCATENATE...

 

Un che di plastica\cassonetto ora mi prende… proprio buono il posticino…
una baccante, un pò cassiera, ci farà pagare la nostra gioia.

 

Ma che gusto fare a meno d’ogni presente!

 

Io e te sotto un glicine che mi spira questa voglia
di mostrare in una tazza s\fondo urina
tutti i frutti della scienza\conoscenza.

 

p.s.
versi o\messi

[Vedi queste due tazzine, dentro girano universi,
nessuno sa se di materia\antimateria,
mai fidarsi, è meglio
non mischiare il mio aspartame col cucchiaio sdolcinato.
Stesso caffè?
Tu chiami “stesso caffè” l’annichilirsi!
]

 

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