Scritto da © ferdigiordano - Gio, 01/03/2012 - 15:05
Che mi dite del caos? Ancora esprime la storia, credo.
Tutte le circoscrizioni che ebbero un momento
di gloria, stanno a pezzi sui residenti. La storia è
in macerie; mostra le ossa, pulisce continuamente
il periostio del pensiero, si innesta
con la parola senza uscita: chi vi entra, lì resta.
Io incespico sempre all’ingresso per una zoppia
di conoscenza. Non ho l’attrezzatura, mi arrangio
col ph della saliva. Sono una lumaca, schiumo e scivolo.
Sarà che l’angelo del sapere sempre cammina
per diffondere pagine piene e non
mi ha raggiunto. Manca
chiarezza per le vere intenzioni dei testi, prima
che l’angelo nascesse, si diede precedenza al fuoco.
Affermo che, nella nebbia, la sottigliezza
dell’erba è un lusso. Come acqua fa resistenza. Ce n’è di più,
ed avanza. E’ tutta dispersa. Si distribuisce
solo se è leggera. Non si distingue
che la bocca umida della condensa. Un fazzoletto
d’aria per la fredda alba nella brughiera, che bacia
sul dorso come un panettiere. Poi riposa e lievita, finchè il
destriero dell’angelo non lascia cadere un crine
di sapienza. Non ha fatto di meglio, col mondo:
deciso a caso dove poggiare le cose e null’altro le regge.
Caos e caso, detengono il diritto alle stesse lettere
mischiate appena. La confusione immette allegria
nella fisica dell’universo. La storia la fissa.
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