Scritto da © taglioavvenuto - Gio, 08/08/2013 - 16:29
Bidonvaubouganville era uno strano luogo. Non per coloro che, come me, c’erano nati. Ma per gli Alieni.
Arrivavano come folate di vento, scaricati al volo da dismessi, scalcagnati ferry boats sulfurei con le porte a saracinesca giù, a trecento metri sotto, un molo improvvisato turisticamente, e di lì salendo, gremivano i gradoni delle scalinate sempre più strette, ed essi sempre più in fretta, sempre più in fretta scalciando, sgomitandosi senza alcun rispetto per donne, vecchi e bambini.
Ciò che era stato le antiche difese ad oltranza contro la morte che viene dal mare cedeva sotto l’avanzare scomposto di quegli stendardi stracciati di ritorno dalle ultime guerre e il torrione in cima, merlettato di piccole ferite mostrava soltanto ora tutte la sua storica inutilità.
Gli Alieni arrivavano alla torre scalcinata alla base della quale ormai giaceva per tutto il perimetro una cintura di carta cellophanata bicolore, ci facevano intorno un solo giro e poi, gli occhi sgomenti, si accorgevano che, in prossimità, c’era il vuoto.
Sarebbe bastato un solo passo falso al primo della fila, e, tutta la cordata sarebbe precipitata.
Il raccapriccio si impossessava di loro mentre giù, nella fonda, i fischietti fischiettavano per richiamarli al ritorno perché il giro turistico avrebbe dovuto pur terminare e, prima del tramonto, prima di riprendere il largo, era comunque prevista una seconda tappa.
Noi, a testa china nei cunicoli scavati dietro le pendici di Bidonvaubouganville aspettavamo pazienti che le gite finissero. Non avevamo nulla da perdere. Ciò che si temeva era unicamente la babele dei linguaggi.
Qualcuno diceva le donne, e la vita, come avveniva un tempo. Qualcun altro obiettava. “Le nostre hanno meno riserve di grasso!” E i più sagaci “ le butteranno nel vuoto per prime!”
Solo un vecchio si drizzò in piedi, e pronunciò lapidario, “non è detto!”. Poi, debole com’era, la Sibilla poggiò la mano alla roccia scivolosa, e risiedette.
In tutto il can can uno se ne stava zitto, uno solo non aveva mai proferito parola. Puccino, detto Frenco U Calabrese. Bianco come uno straccio, l’unico possessore di una barca da pesca di 2 metri e trenta profilata in carbonio, frutto di passate scorrerie, ormeggiata, tenuta nascosta dietro l’ultimo promontorio di tutta la costa.
Egli solo non parlò, memore degli antichissimi canoni pitagorici. Era stato ad Eleusi con quella barca, ed era riuscito a tornare.
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