Andiamo
a lastricare melma
nelle colline-seno
Andiamo
dove la luce stronca
viscere di vento-in-onda
ti chiamo abisso: oggi.
Adesso saprei parlare agli agrifogli
nel tempo del gelo caldo e della neve asciutta
il miracolo di un germoglio abbozzato.
Nei luoghi lasciati andare
grattano agli usci i gemiti
di un sole mai infinito-finito.
Ti vedo verde in nero seme: ancora.
Annodiamo lingue di fuoco
con lacrime di mare in maree stracciate
strappando a parole l’ultima pagina
E non è trasfigurazione di isole
il giallo improvviso del sole
quando la luce cerca la fessura per scappare.
Ladro di equinozio il cielo
stride la bonaccia del tempo-riverbero
squarcio di vela in burrasca: il fiato.
Teme la grafia morente
il fiore rubato
donando ugualmente un rosso di colore
quando scolora i tempi condensati: attimi.
La canzone è suono di ciglia
e sopraciglia a incorniciare il volto
di una venere scura prigioniera d’ombra
E’ mia questa menzogna
che cammina
tra i glicini a primavera
Anche l’avaro non può accumulare
una catasta di buchi-fori.
- Blog di raffaela ruju
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